10 cose che ho imparato a NON fare per promuovere i miei libri sui social

Parlare e scrivere dei social è un po’ come spalare il vialetto di casa mentre nevica. Il tempo di arrivare alla fine e il tuo post è già datato, è già cambiato tutto. I social sono in movimento costante, sono spiazzanti; non sono uno spazio, sono una traiettoria. Sono un universo a parte e chi vi entra pensando di sapere a priori come muoversi finisce quasi sempre con lo sbattere il muso da qualche parte. È quello che succede spesso agli scrittori. Ha ragione Stefano Piedimonte quando scrive sul “Corriere della Sera” che gli editori oggi ti chiedono di farti promozione, ha ragione quando scrive che è la fine della solitudine tanto cercata e ha senz’altro ragione quando parla di un’autostrada a più corsie che collega lettori e autore. Ma parte da un presupposto fuorviante, secondo me, ossia che sui social valgano le regole che varrebbero in qualunque altra “piazza”, quando non è così. “Abbiamo voluto la bicicletta? E ora dobbiamo pedalare!” scrive. Prima però bisogna imparare le norme di circolazione. E la prima norma, a mio parere, è che sui social non ci sono scrittori e lettori. Nel microcosmo social che ruota intorno alla letteratura (perché non esiste un solo Facebook, ne esistono milioni, a seconda del pubblico che ci ritagliamo addosso) ci sono lettori, lettori che vorrebbero scrivere, lettori che scrivono. La celebrità è un optional, è il campanello della bicicletta, se vogliamo: aiuta a farsi sentire, ma non ti impedisce di venire travolto da un camion pieno di troll. Mara Roberti non la conosce quasi nessuno e ha il grande vantaggio di essere uno pseudonimo nato contemporaneamente al suo profilo Facebook. Nella realtà ha superato i quaranta da un po’, ma sui social è una bambina, ha imparato a camminare lì e questo ovviamente è stato un grande vantaggio. L’altro vantaggio è che avendo pochi lettori riceve anche poche critiche e non suscita grandi gelosie. La mia autostrada insomma è molto meno frequentata di quella di Stefano Piedimonte, è più una strada di paese, dove ci si conosce un po’ tutti e ci si saluta e ci si chiede notizie della zia anche se non l’abbiamo mai vista. Anch’io, lo confesso, su Facebook ci sono arrivata per necessità promozionali e dietro consiglio di Emma Books; e anch’io, lo confesso, da amante della solitudine l’ho fatto con un po’ di riserve. Non sono un’esperta dei social (l’avrete già capito perché finora non ho usato neanche un termine incomprensibile ai più), ma in questi due anni di vita per le mie stradine di paese ho imparato che ci sono alcune cose che è meglio non fare, quando si vuole promuovere il proprio libro sui social. Perché i diritti dell’automobilista sono senz’altro importanti, come i diritti dello scrittore di cui parla Piedimonte, ma per evitare incidenti è più utile rispettare i divieti del codice stradale. Ecco quindi i miei consigli:  

 

1. NON promuovere il proprio libro

I social non sono fatti per promuovere oggetti, secondo me. Neanche l’oggetto libro. Servono a diffondere sogni, suggestioni, aspirazioni, emozioni. Chi è abituato alla promozione del cartaceo, alle presentazioni con il libro in bella vista sul tavolo, arriva sui social e prova a fare lo stesso. E non sempre funziona. Il modo giusto per promuovere un libro è raccontare l’universo che ci gira attorno, i suoi personaggi, gli oggetti chiave, i paesaggi, le sensazioni che procurerà. Nel mio caso era facile: con Le scarpe son desideri parlare di scarpe era così divertente che mi sono quasi dimenticata del libro e quando sono arrivata al mondo del tè, per Le regole degli amori imperfetti, era così ricco di spunti che era impossibile non esplorarlo anche a prescindere dalla trama. Così dalla promozione siamo passati alle chiacchiere e sulla mia pagina ho trovato persone interessate all’argomento, pronte a contribuire e ad arricchirlo. Non tutte avrebbero letto i libri, anche se molte l’hanno fatto, ma a poco a poco ho capito che non era necessariamente quello l’importante, che la storia in qualche modo ne avrebbe tratto vantaggio comunque.  

 

2. NON parlare solo di sé

Il digitale è traditore, è un gioco di specchi, a volte per ottenere un risultato bisogna andare nella direzione opposta. Uno dei motivi principali per cui amo i social è che premiano la collaborazione e la generosità. Gli egocentrici, gli egoisti, le persone che si preoccupano solo di farsi promozione e non condividono mai i post altrui hanno vita breve. Il mio consiglio quindi è di parlare anche dei libri altrui, se li ritenete validi e se vi sono piaciuti. Dare consigli di lettura, aiutarsi a vicenda, chiacchierare, conoscersi non solo rende tutto più piacevole, ma è anche utile. Serve a “fare rete”, appunto. E vi stupirà, credetemi, l’aiuto disinteressato che riceverete in cambio.  

 

3. NON dare per scontato di interessare a qualcuno

I social sono pieni di autori indignati perché non ricevono abbastanza attenzione. Ma l’attenzione non è dovuta. Il semplice fatto di aver scritto un libro non mi rende interessante. I blogger non sono tenuti a recensire il mio libro, i gruppi non sono obbligati a parlare del mio romanzo, gli amministratori dei gruppi non sono obbligati a sapere quali e quanti libri ho pubblicato in passato e i lettori non sono obbligati a leggermi. Non gliel’ha prescritto il medico. Meglio farsene una ragione. E trovare un modo per rendersi interessante diverso dalle lamentele.  

 

4. NON suscitare polemiche

Nessuno ama i troll, le polemiche accendono gli animi ma fanno morire i gruppi e le comunità virtuali. Con poche eccezioni, la maggioranza di noi si connette ai social per trovare un ambiente gradevole in cui confrontarsi serenamente, a differenza di quello che succede nella vita quotidiana. Certo, chi passa da un gruppo all’altro scatenando polemiche farà sì che in molti si ricordino il suo nome. Ma a pochi verrà voglia di leggere il suo libro.  

 

5. NON trovarlo sgradevole

Se arrivate su Facebook con la tacita convinzione che vi state “sporcando un po’”, abbandonando la solitudine prolifica della vostra ispirazione per concedervi a una massa di scansafatiche che non vi merita del tutto, la massa di scansafatiche, che ci crediate o no, ci metterà un nanosecondo a capirlo e a trovarvi noioso. Se siete su Facebook per forza e non per amore, cercate comunque di trovarci qualcosa di divertente, se non amate interagire con i vostri lettori, non fingete di trovarli simpatici, meglio a quel punto giocare con l’immagine dello scrittore snob e scherzarci sopra. Non mentite, insomma, perché dietro lo sforzo si nasconde sempre un leggero insulto, e se voi vi sentite umiliati a fare da imbonitore, chi vi legge si sente altrettanto umiliato a essere sottovalutato.  

 

6. NON bruciare i tempi

Se arrivo a casa di una persona, non entro mai in salotto gridando: «Ehi, ho scritto un libro! Compratelo!» Eppure confesso che qualche volta sui social l’ho fatto. E ho sbagliato, ovviamente. Sulla nostra bacheca possiamo fare un po’ quello che vogliamo (a nostro rischio e pericolo) ma quando entriamo in un gruppo siamo ospiti e quindi valgono le stesse regole di cortesia che useremmo a casa d’altri. Ci si presenta, si parla del più e del meno, ci si scambia qualche complimento e qualche opinione e poi, soltanto poi, si può dire: «Ehi, ma lo sai che ho scritto un libro?»  

 

7. NON parlare male dei lettori

Mai. Neanche quando ci hanno scritto una recensione feroce. Neanche quando ci hanno lasciato un commento cattivissimo e hanno sbagliato il nome del protagonista. Neanche quando dicono che non sappiamo scrivere e non emozioniamo nemmeno un po’ e su quel po’ c’è l’accento invece dell’apostrofo. Ai Dieci diritti imprescrittibili del lettore di Pennac citati da Piedimonte ne andrebbe aggiunto un undicesimo: “Il diritto di dire che un libro non gli è piaciuto.” Se non ha amato un libro, se si è annoiato, se è rimasto deluso, il lettore ha tutto il diritto di dirlo o di scriverlo. E metterlo alla gogna sulla nostra pagina, sapendo di richiamare un coro di commenti sbeffeggianti contro l’ortografia del povero malcapitato, è una tentazione, è vero, ci sono cascata anch’io. Ma è un po’ meschino. Meglio evitare.  

 

8. NON offendersi

Nella mia esperienza sui social me ne sono sentite dire un po’ di tutti i colori. Virtuali o meno, ti arrivano dei colpi che ti lasciano tramortita per giorni. Eppure, un attimo dopo in rete è già passato tutto. Tu sei ancora lì che cerchi di riprenderti e sui social si sta già parlando di tutt’altro e le stesse persone che ti ringhiavano contro il giorno dopo sono gentili e perfino affettuose. Che cosa è successo? Pentimento improvviso? Trapianto di personalità? No, solo un’altra delle leggi dei social. Gli insulti arrivano e se non ti fermi a commentarli scivolano via verso il fondo della bacheca e chi se li ricorda più?  

 

9. NON essere timidi

Sui social, ho imparato, non conta la quantità assoluta di post, ma la frequenza. Per dirla in altri termini, nella mia esperienza è più efficace pubblicare dieci post in dieci giorni che dieci post in un mese. E qui inizia il problema. Perché è difficile capire dove sia il confine fra l’essere assillanti e l’essere troppo avari di informazioni. In un periodo in cui credevo di aver fatto spam in modo terribile, mi sono sentita dire: «Ma dai, è uscito il tuo libro? Non lo sapevo!» Non esiste una ricetta universale, credo, dipende dal pubblico che ci segue in quel momento e dal tipo di post. Ma è utile ricordare che la comunicazione sui social richiede tempi ravvicinati (e quindi una buona dose di originalità e di inventiva per evitare di pubblicare ogni giorno lo stesso post).  

 

10. NON dimenticarsi del prossimo libro da scrivere

La promozione ha i suoi tempi, ma non può essere eterna. Se è vero che i social richiedono la nostra presenza, è anche vero che trascorsi i mesi a ridosso dell’uscita e con l’eccezione di eventuali promozioni, secondo me è meglio rilassarsi un po’ sul piano comunicativo e pensare ad altro. Per esempio al prossimo libro da scrivere. Fatti due rapidi calcoli, se avessi dedicato a scrivere il tempo che ho dedicato a Facebook, credo che avrei scritto almeno un paio di romanzi in più. Ma probabilmente non li leggerebbe nessuno (o forse sì, ma non avrei il privilegio di conoscere i miei lettori). Ogni tanto insomma bisogna ricordarsi che l’ispirazione e le storie vere sono fuori dai social. Non dentro.