Chi trova una Emma, trova un’amica

Lo spagnolo ha alcune parole intraducibilmente meravigliose, per descrivere ciò che viene dopo. La resaca per esempio è lo stato, solitamente penoso, di chi ha fatto baldoria il giorno prima. Altro che postumi, che ha un saporaccio medico; resaca suona melodico e rassicurante, ti culla come una corrente marina. Sobremesa invece indica il tempo trascorso a tavola dopo il pasto. Il tempo che si trascorre non a tavola, ma grazie alla tavola, diventata luogo di confidenze, piacere e complicità, tanto che il tempo si allarga appunto sobre la mesa, espressione che sembra indulgere in modo delizioso al piacere, incoraggiarlo. La sobremesa arriva anche per noi Emme e per le lettrici a Ricettario finito, il tempo delle chiacchiere, del riposo, delle riflessioni e delle considerazioni. E proprio durante questa lunga e allargata sobremesa mi è capitato di leggere il post di Marco Ferrario, sulla differenza fra personalizzare e prendersi cura, sul futuro degli store, sul modo di declinare la relazione con il consumatore. Il digitale è tutto fuorché anonimo, è personalizzante in modo quasi ossessivo, e questo in un’epoca in cui il marketing si fa sempre più esperienza, offre al lettore/consumatore la possibilità di accedere a un mondo, quando non ce lo catapulta dentro, volente o nolente (questo però lo dico io, il post di Ferrario è molto più serio e obiettivo. Lui del resto non era mica in fase post prandiale quando l'ha scritto!). Il digitale è anche community, è una rete inesauribile di relazioni, in cui chi vende si preoccupa, come distingue Ferrario, di dirti quali sono i tuoi gusti, ma raramente si prende cura di te. La differenza fra curation e customization, appunto: “La curation è centrata sulla relazione, la customization è centrata sui gusti individuali. Curation significa che sei importante per me, customization significa che non mi interessi tu, ma gli aspetti del tuo comportamento che sono significativi per me” (traduzione mia, sempre post prandiale, non me ne voglia Marco Ferrario). Emma Books è prima di tutto una community, lo sanno bene le blogger che la sostengono da tempo, lo sanno le lettrici che hanno seguito il percorso di Emma con consigli spesso molto utili, e lo sanno le autrici, che si ritrovano ogni volta fra amiche (più di quanto ci si potrebbe aspettare). Il digitale è donna, secondo me, tanto che sono soprattutto le donne a usarlo in termini di rete e collaborazione, e le donne danno il meglio di sé quando lavorano - e si divertono - insieme. Con questo Ricettario però Emma ha fatto qualcosa di più, qualcosa di molto speciale, che nessuna casa editrice aveva ancora fatto: si è presa cura delle sue lettrici, nel senso più tradizionale del termine, oltre che in quello usato da Marco Ferrario. Ogni Emma ha cercato nella propria storia un piccolo male del cuore e ha spiegato come era arrivata a curarlo, a modo suo. Le ricette proposte sono soprattutto ricette dell’anima e in ciascuna c’è non solo un pezzettino di noi, ma soprattutto il desiderio sincero di essere utili, di condividere il proprio rimedio, di prendersi cura, appunto. Senza presunzione, come farebbe una nonna o una mamma. O un’amica. Il Ricettario è completo e il 25 ottobre ne parleremo con le lettrici all’appuntamento di Bookcity a Milano e poi ahimè la sobremesa finirà, come finiscono tutte le cose belle. Ma il Ricettario resterà sempre lì, sugli scaffali eterni degli store. Perché il digitale sarà anche un po’ freddo e asettico e senza profumi, ma sa arrivare lontano. Raccoglie i suoi lettori intorno a sé proprio come se li riunisse intorno a una tavola immaginaria. E in questa lunga sobremesa globale ci si sente subito un po’ meno soli.