La felicità di leggere
Ho appena finito di leggere la ricerca che il Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS) ha commissionato per indagare il rapporto tra la lettura di libri e il benessere degli individui, cosa mai veramente studiata fin qui con parametri scientifici (ci sarà un motivo, no?). Nel titolo “La felicità di leggere” viene dichiarato il presupposto e l’indagine lo andrà a confermare: il lettore è mediamente più felice del non lettore. Una quarantina di pagine di grafici di rielaborazione dati. Sì, dire che ho letto la ricerca è improprio, ho guardato delle figure, letto le ascisse e le ordinate. Curioso che una ricerca sulla felicità di leggere non sia leggibile, no? Ma non divaghiamo... Dicevo, quaranta fogli per dire ciò che un lettore sa già, di pancia. Ma anche a logica, se il ragionamento di pancia non vi convince: mi piace leggere, leggo, sono contento. Sarebbe stato quantomeno bizzarro, ancorché parecchio interessante, trovare un risultato opposto: mi piace leggere, leggo, sono infelice. Lì sì ci sarebbe stato molto da approfondire, e anche scrivere questo post avrebbe preso una piega tutta diversa. Comunque. La parte veramente interessante della ricerca è ciò che non dice. Come al solito, il mio pensiero mi tira di lato e andare a curiosare là dove non ti vogliono portare è cosa inevitabile. Guardando bene bene i dati si apprende che i non lettori fanno tante altre cose mentre i lettori leggono. Fanno più sport; giocano ai videogiochi; se ne vanno a spasso o sprofondano sul divano a guardare la tv. Le attività amorose non vengono prese in considerazione nella ricerca, ma un grafico, per esempio, dice chiaramente che i lettori leggono preferibilmente la sera, a letto. Nessun grafico dice cosa fanno i non lettori a quell’ora lì, ma insomma possiamo anche immaginarlo e rosicare un pochino. I non lettori vagano nella vita reale, hanno emozioni contrastanti, non sempre positive, ma, appunto, reali. Nella ricerca non viene invece specificato se ai lettori felici è stato chiesto se le emozioni positive scaturiscono proprio da un approccio positivo alla vita o sono indotte dalla lettura. Seguendo i punti sviluppati dalla ricerca questo aspetto non viene mai chiarito. L’indagine dice che:
- I lettori hanno emozioni più positive rispetto ai non lettori. Ma perché le leggono o perché le vivono? Boh. E comunque si sa che per noi lettori tutto è potenzialmente un romanzo.
- I lettori provano emozioni negative meno spesso dei non lettori. Per forza, stiamo leggendo. Non abbiamo tempo per prestare sufficiente attenzione agli accadimenti esterni. Ci sta che non ti scomponi se si brucia l’arrosto. Non te ne accorgi neanche, se il libro che stai leggendo è bello.
- I lettori sono mediamente più soddisfatti dell’impiego del proprio tempo libero rispetto ai non lettori. Lo dicevo all’inizio: mi piace leggere, leggo, sono felice e soddisfatto. Bastava chiedermelo, magari non sapevo fare il grafico, ma la risposta la sapevo già.
- Per i lettori, leggere libri è l’attività più importante del loro tempo libero. SOR-PREN-DEN-TE!
- Per i lettori, la lettura è al quarto posto fra le attività del tempo libero che procurano felicità. Io lo so che questo risultato avrebbero preferito ometterlo, perché sballa tutto e contraddice quanto detto fin qui. Prima vengono lo sport, la musica e altri eventi. In realtà il dato dice che il lettore vive in contesti sociali e non in una torre circondato di soli libri. Gli piacerebbe, eh, ma non lo dirà mai. Fare (anche) altro rende il lettore socialmente accettabile, è questo che dice il dato, non c’è da preoccuparsi, caro sondaggista.
- Il ruolo fondamentale degli insegnanti e delle famiglie nell’educazione alla lettura. I lettori hanno imparato a leggere perché mamma e papà li rincorrevano per casa con libri, regalavano solo libri, in loro presenza non si scambiavano mai effusioni ma leggevano? Mah. E i genitori dei non lettori cosa facevano per crescere degli scriteriati senza passione? Gli insegnanti, più che incoraggiare la lettura, interrogavano e davano voti, ma se vogliamo vederlo come contributo alla nascita di una passione, vabbè, chi sono io per contestare la scienza?
Sarebbe stato interessante capire anche cosa ha contribuito a rendere tali i non lettori. Perché adesso mi cruccio pensando a genitori distratti, senza neppure un libricino dei fratelli Grimm sottomano, e insegnanti assenteisti, un’infanzia e adolescenza allo stato brado nelle sconfinate praterie dell’indifferenza. Convenite con me che una ricerca sui non lettori sarebbe molto più avvincente? Il mistero è lì. E anche il business, volendo essere pratici e parecchio prosaici: i non lettori sono più numerosi dei lettori ;)