A proposito di Life and Death di Stephenie Meyer
Quando decidi di celebrare il decimo anniversario di un romanzo che ha conquistato il cuore di milioni di lettori scrivendone un altro che si differenzia dal primo quasi soltanto per l’inversione dei generi sessuali dei protagonisti, non puoi che aspettarti valanghe di commenti, reazioni estreme e immancabili, feroci critiche. Francamente non ho alcun interesse a partecipare al dibattito diretto a determinare se si tratti di una mera operazione commerciale, o se invece l’autrice abbia deciso di scrivere e pubblicare Life and Death presa dal sacro fuoco dell’amore per la storia e i personaggi che tanto le hanno portato fortuna. Da scrittrice, ritengo questa seconda ipotesi del tutto plausibile e da lettrice, in fondo, quello che cerco è una storia che mi emozioni. Mi ha fatto quasi tenerezza leggere la prefazione nella quale la Meyer non fa altro che scusarsi con i lettori, per un sacco di cose. Non dico che il suo non sia stato un bel gesto, anzi, ma alla fine quello che mi veniva da pensare leggendo era, più o meno: “I personaggi sono tuoi, la storia è tua: non scusarti, raccontacela”. Così ho cominciato a leggere, scevra da ogni possibile pregiudizio. E allo stesso modo vorrei, almeno all’inizio, provare a comunicarvi le mie impressioni: facendo finta, per quanto possibile, che Twilight non sia mai esistito.
Life and Death è una storia incredibilmente dolce sul primo amore e sulla potenza degli sconvolgimenti che esso procura. Beau, il protagonista umano, è un ragazzo introverso e impacciato ai limiti del disturbo di personalità. Ed è pure ossessivo, il che non guasta visto che proprio l’ossessione amorosa nei confronti di Edythe diventerà il centro della sua intera esistenza. Debole e impotente a paragone delle leggendarie creature che entrano a far parte della sua vita, sembra fare di questa debolezza uno strumento, trasformandola in coraggio. Caro, dolce, coraggioso Beau. Ogni volta che lo visualizzavo, leggendo di lui, oscillavo tra la voglia di prenderlo a schiaffi e quella di alzare una mano per scompigliargli i capelli o fargli una materna carezza sulla guancia. Edythe, vampira diciassettenne di più di cent’anni, è un personaggio intriso di inquietudine e di soave, antica tristezza. È straordinariamente forte e potente, ma pare non sappia che farsene di tutta quella forza e quella potenza. Pericolosa creatura della notte, ricorda piuttosto un cucciolo che ringhia contro le ingiustizie della vita. Leggendo, avrei voluto abbracciare anche lei, per tentare di confortarla. Insieme sono di una dolcezza disarmante. Il loro amore è quasi troppo “denso” perché il lettore possa goderne in modo leggero e, in questo, Life and Death esula dai confini del romance per scivolare di qualche metro verso il drammatico. Anche se rigorosamente in versione teenager, perché Beau e Edythe sono entrambi adolescenti fin nel midollo. E qui getto la spugna e comincio con i paragoni. Edward e Bella, i protagonisti di Twilight, non hanno età. Sono creature magistralmente tratteggiate fatte per incarnare e scatenare sentimenti, emozioni, desideri e passioni. Proprio in questo, a mio parere, sta la grandezza di Twilight e della sua autrice: la capacità di ammaliare, senza barriere né limiti di target. Da questo dipende l’enorme, meritato successo che ha fatto di Twilight un classico moderno, un romanzo che, pur rientrando nella narrativa di genere, mi azzarderei a definire epocale. Eppure la scrittrice è la stessa e la storia pure, con poche trascurabili differenze. Cambia il finale, ma c’era da aspettarselo dal momento che si tratta di un romanzo autoconclusivo. E in fondo, diciamocelo: questo è il finale che avremmo desiderato per Twilight. Non voglio scendere nei dettagli, ma ho sempre pensato che è così che sarebbe dovuta andare. In più, la Meyer ha ampliato alcuni temi, approfondito dei caratteri, dato più spazio a personaggi che allora erano stati un po’ sacrificati, e questo l’ho apprezzato. Così come il fatto che – come lei stessa afferma – abbia approfittato di questa occasione per riscrivere alcune parti del libro, per cambiare quelle parole e quelle frasi di cui, dopo anni, non era più soddisfatta. Devo dire che questo glielo invidio parecchio: noi scrittori siamo fatti così, non abbiamo ancora consegnato un manoscritto che già lo cambieremmo, figuriamoci dopo dieci anni. Ma questi non sono che dettagli.
La vera differenza tra le due storie, quella che rende Twilight indimenticabile e questa sua riscrittura semplicemente piacevole, è un’altra. L’autrice ha dichiarato di aver voluto dimostrare, con questo libro, che non sarebbe stato diverso se Bella – da molti etichettata come la classica “fanciulla in pericolo” – fosse stata un maschio. E se Edward il vampiro – creatura forte e pericolosa, dotata di incredibili superpoteri e di un fascino devastante – fosse stato una femmina. Su questo, perdonatemi, non potrei essere più in disaccordo. Per quanto mi riguarda, non solo la Meyer non ha dimostrato la sua teoria, ma ha provato l’esatto opposto. E questo perché al di là dei progressi dell’evoluzione e della civiltà, nonostante le sovrastrutture culturali e sociali che gli esseri umani hanno costruito nei millenni partendo dal nucleo originario, noi rimaniamo fondamentalmente animali. Animali maschi e animali femmine. In natura, i primi combattono e le seconde scelgono per istinto di accoppiarsi con i più forti, perché possano proteggere loro e i loro cuccioli. Se ci pensate bene, il genere romance si basa proprio su questo, sulle naturali pulsioni proprie dell’essere umano. Così come le fiabe. Ve lo vedete un Principe Azzurro che inciampa mentre si china per svegliare con un bacio la sua bella dal sonno eterno? O un Cavaliere che si rannicchia in posizione fetale perché ha paura del drago che tiene prigioniera la fanciulla? Se poi parliamo di paranormal romance – e di vampiri in particolare – l’assunto si fa ancora più basilare: il vampiro è il prototipo del maschio alfa, con l’aggiunta del brivido del pericolo e del fascino tenebroso e oscuro radicato nella sua stessa natura di predatore. Snaturare questo concetto di base in un romanzo del genere, a mio parere, significa stravolgere completamente proprio ciò che lo rende attraente. Badate bene, non sto dicendo che non si possa apprezzare una bella storia nella quale la femmina è forte e invincibile e il maschio è debole e bisognoso d’aiuto. Basta partire dal presupposto che è una cosa del tutto diversa e regolarsi di conseguenza. Allora va bene se quando leggo di Edward che corre nella foresta con Bella in spalla sento battere forte il cuore, mentre immaginando Edythe che sfreccia tra gli alberi con Beau abbarbicato addosso mi viene da ridere. Ci sta, è giusto così.
L’autrice dichiara: “Al di là di qualsiasi differenza di sesso, o di razza, Twilight rimane una storia sulla magia e la febbrile ossessione che ci coglie quando viviamo il nostro primo amore”. Vero. Ma è vero anche che c’è molto, molto altro. Twilight è una forza della natura, una tempesta che ti travolge, un romanzo che, in qualche modo, un po’ ti cambia la vita. Che tu abbia diciassette anni come trenta. Life and Death è una dolcissima storia d’amore che fa sospirare gli adolescenti e sorridere noi adulti, di quel sorriso un po’ malinconico di chi sa che quelle emozioni non le potrà vivere mai più. Ho letto volentieri Life and Death e sono contenta che la Meyer abbia deciso di farci questo bel regalo. Insomma, grazie Stephenie. Solo, ti prego, non dirci che è la stessa cosa.