22-04-2016
L’isola felice del Regency
Se credete che il genere Regency sia stato inventato da Jane Austen, vi sbagliate; a inventarlo, se così si può dire, è stata Georgette Heyer. Infatti, mentre la Austen scriveva storie a lei contemporanee e raccontava la società in cui viveva, la Heyer nelle sue novels of manners ricostruiva quel periodo, dando il via a uno dei generi letterari più popolari, più letti e scritti del secolo scorso e di quello presente, il Regency. Con già all’attivo diciannove titoli tra contemporanei, detective story e romance (questi ultimi per lo più ambientati nel ‘700), l’autrice, poco più che trentenne, pubblicava nel 1935 Regency Buck, il romanzo che si può definire il capostipite della regency novel, ovvero di quel fortunato sottogenere del romance storico – a sua volta suddiviso in svariate categorie – rinchiuso nella bolla temporale della Reggenza*, tra il 1811 e il 1820. Con la sua prosa elegante, ispirata in modo dichiarato a quella di Jane Austen, arricchita da riferimenti e personaggi storici e a volte sfiorata dalla suspense, la Heyer inaugurava un filone d’oro che avrebbe fatto la fortuna di autrici come Barbara Cartland e Mary Balogh. L’Inghilterra, grazie alla sua penna, diventava un’isola felice guidata più dalle eccentriche passioni artistiche e mondane del Principe Reggente che dal pugno di ferro del Primo Ministro (il povero Liverpool che, probabilmente indifferente ai balli di Almack’s e ai fuochi d’artificio dei Vauxhall Pleasure Gardens, aveva le sue belle gatte da pelare). Un’isola felice dove gli echi delle guerre napoleoniche arrivavano fievoli e distanti, sempre che nella sua trama non fossero coinvolte affascinanti spie, beninteso; un’isola felice dove gli scontri sociali non esistevano o quasi, perché di sociale c’erano solo le regole del ton, seguite (e molto più spesso infrante, se no che barba!) da una pletora di aristocratici e privilegiati, accuditi, beati loro, da un esercito di domestici. Un’isola felice in cui la vita si dipanava tra la season di Londra e i country party organizzati nelle splendide tenute nobiliari, tra balli, cacce, giochi, cavalcate e amori, per non parlare di duelli e corteggiamenti risolti entrambi in punta di fioretto. Un’isola felice in cui i gentiluomini – grazie al cielo! – tornavano a vestirsi da uomini (e non più da damerini) e le gentildonne apparivano sottili e deliziose nei loro abiti stile impero (sì, quelli a vita alta che tanto ci piacciono, quelli di Lizzie ed Emma). Il 2015 è stato dunque un anno di brindisi, discorsi e feste per l’ottantesimo anniversario del Regency. In particolare nei paesi di lingua anglosassone, dove il genere continua a funzionare benissimo, è stato festeggiato alla grande, insieme a Regency Buck (che oggi si trova on line solo in edizione originale) e naturalmente alla Heyer. Tributo più che doveroso, a mio avviso. Anche io, che ancora conservo con amore i suoi romanzi editi negli anni ‘70 e ‘80 da Mondadori (quelli tradotti mirabilmente da Anna Luisa Zazo), le sono debitrice, tanto da aver voluto renderle un piccolo tributo con un romanzo. Zitta e ferma Miss Portland! ripercorre gli umori del genere nella sua veste più leggera e ironica, è infatti un sincero e affettuoso omaggio alla Heyer e al Regency cui auguro, naturalmente, cento di questi giorni.
Viviana Giorgi
* Con Reggenza si indica il periodo (1811-1820) durante il quale, a causa dei problemi mentali di Giorgio III, il Regno fu affidato alle mani parecchio bucate del Principe di Galles, che regnò prima come Principe Reggente e poi, alla morte del padre, col titolo di Re Giorgio IV. In realtà, con il passare degli anni e il crescere del successo, i tempi del Regency si sono alquanto dilatati sino a coprire un arco temporale che va dai primi anni del XIX secolo sino a circa il 1830, anno della morte di Giorgio IV.