Anteprima di "Passo a due"

Il 27 febbraio uscirà Passo a due, il secondo romanzo della serie Sulle punte di Edy Tassi dopo Assolo e la novella Intervallo.

Per prepararvi all'uscita del nuovo romanzo, ecco qui un estratto tutto per voi.

Londra, undici mesi prima.

 

Jakob lanciò un’occhiata al cellulare, appoggiato sul tavolo di vetro. Alle tre aveva appuntamento in teatro per mettere a punto gli ultimi dettagli delle audizioni che si sarebbero tenute il giorno dopo.

«Vado» annunciò, inclinandosi di lato per infilare l’apparecchio nella tasca posteriore dei jeans.

Anais buttò giù l’ultimo sorso di caffè. «In bocca al lupo.» Mentre appoggiava la tazza, gli rivolse un sorrisino ironico. «Ah, dimenticavo, il lupo sei tu, Collezionista!»

Jakob afferrò il giubbetto e alzò gli occhi al cielo. «Stai diventando ripetitiva, sai? Lo state diventando sia tu che Nicholas. Sembrate due portinaie che non fanno altro che osservare e spettegolare su qualsiasi cosa.» Ricambiò il suo sorrisino ironico. «Anzi, a pensarci bene, tu più che una portinaia sembri una fidanzata gelosa.»

Anais scoppiò a ridere e alzò le mani. «Hai detto le parole magiche. Se è questo che sembro, giuro sulle mie scarpette da danza che non mi sentirai più dire una sola parola in merito.» Si fece una croce sul cuore. «Sei libero di divorare in un sol boccone tutte le ballerine che vuoi.»

Jakob lasciò sul tavolino i soldi dei due caffè. «Così mi piaci.» Le si avvicinò e le stampò un bacio sulla guancia. «Anche se non mi freghi. Scommettiamo che, tempo due minuti, avrai già ricominciato con le raccomandazioni?»

«Cretino.» Anais si alzò a sua volta e mentre infilava il giubbetto, il suo sguardo turchese si fece di nuovo serio. «Nicholas non ha tutti i torti. Prima o poi combinerai qualche guaio nella tua compagnia.»

«Ehi, avevo detto due minuti! Ok» aggiunse poi, «starò attento.»

Anais lo guardò, poco convinta. Jakob sostenne il suo sguardo senza battere ciglio. Dopo quella notte insieme, alla vigilia del matrimonio tra Nicholas e Arianna, Anais si era dimostrata di parola. Niente tentativi di replicare, niente approcci, niente musi lunghi. Quasi da rimanerci male, se non fosse stato esattamente ciò che lui voleva. Quell’episodio era stato solo un momento piacevole per entrambi, dopo il quale erano tornati a essere quello che erano sempre stati. Due colleghi.

Eccezion fatta per un dettaglio.

Anais non aveva accampato pretese sessuali, ma aveva deciso di diventare una sorta di fastidioso grillo parlante. Che gli faceva notare ogni comportamento potenzialmente pericoloso per la nuova compagnia.

«Senti, ho la prima fra poche settimane, la compagnia sembra sia stata colpita dalle dieci piaghe d’Egitto e non sono nella condizione mentale di pensare ad altro che ai ballerini che devo sostituire» le assicurò. «Quindi, nessun pericolo.»

«Ok, ma domani sera voglio sapere com’è andata.»

«Anais, quasi quasi mi fai rimpiangere l’ipotesi della fidanzata gelosa.»

Lei gli mostrò il medio.

Jakob aprì la porta del pub ridacchiando e immediatamente vennero investiti entrambi da una folata di vento.

«Accidenti, finirò con l’arrivarci in volo, alla NM...» borbottò Anais, stringendo il collo del giubbetto sotto al mento. «Beato te che devi fare solo pochi metri. Ok, allora ciao, fammi sapere eh!» ripeté, cocciuta. Poi si lanciò a testa bassa verso la fermata della metropolitana, a un centinaio di metri da lì. Jakob la seguì per qualche istante con lo sguardo, prima di incamminarsi a passo veloce dalla parte opposta.

Il vento gli vorticava attorno alle caviglie, strattonando un bicchiere di carta che gli passò vicino e poi finì con un piccolo mulinello in mezzo alla strada. Con la testa incassata fra le spalle, spinse i pugni in fondo alle tasche reprimendo un brivido.

Per fortuna sapeva che l’interno del teatro sarebbe stato caldo. Doveva parlare con la sua assistente e mettere a punto gli ultimi dettagli organizzativi, prima dell’inizio delle audizioni.

Nella compagnia andavano sostituiti tre ballerini. Uno, Simon, si era rotto la tibia, una tipica frattura da stress perché aveva esagerato con gli allenamenti. Poi c’era Erich, che aveva deciso di tornare a Berlino. E Nora, che invece si era sposata e aspettava un bambino.

Ma come al solito, alle audizioni si sarebbero presentate duecento ballerine e otto ballerini.

O magari cento ballerine e venti ballerini. Il concetto però era quello. Si faceva una gran fatica a sostituire un danzatore. Figurarsi due!

Fece una smorfia.

In qualche modo si sarebbe arrangiato. Magari avrebbe modificato la coreografia.

A quel pensiero la sua mente cominciò a visualizzare le sequenze, individuando i punti in cui, in caso di necessità, avrebbe potuto introdurre dei cambiamenti, e si accorse della ragazza solo quando stava per sbatterle contro.

«Ehi…»

Si fermò prima di urtarla e lei si voltò di colpo.

«Scusa.»

«Ero io che stavo per venirti addosso» le disse brusco. «Non c’è bisogno che ti scusi tu.»

«Io... sc...» La ragazza tacque, prima che quella parola le sfuggisse di bocca un’altra volta. E gli sorrise con aria imbarazzata.

All’inizio gli era sembrata una ragazzina, ma ora Jakob la mise a fuoco bene. Il vento le scompigliava la coda incredibilmente folta, lucente come un fascio di sole. La bocca che gli aveva appena regalato un sorriso si chiuse lentamente, mostrando labbra piene. E gli occhi lo fissarono, grandi, scuri e liquidi.

Non era una ragazzina. Era una donna. E di colpo provò un familiare languore sotto la cintura. Di colpo dimenticò tutto quello che gli aveva detto Anais, tutto quello che lui le aveva promesso.

Si voltò verso il muro e osservò la bacheca esterna del teatro, dov’era esposto l’avviso dell’audizione.

«Sei una ballerina?»

Lei seguì la direzione del suo sguardo e annuì.

«Vuoi fare l’audizione?»

La ragazza sembrò pensarci su. «No» rispose. «Sì... Non lo so» aggiunse poi.

Jakob inclinò la testa e le rivolse un’occhiata divertita. «È un’ottima compagnia.»

Lei scosse la testa. «Non è per quello.»

Parlava in un inglese corretto, ma con un forte accento, che lui riconobbe immediatamente. «Sei italiana?»

Di nuovo un cenno di assenso e uno sguardo incerto. Stava cominciando a chiedersi se fosse prudente parlare con un estraneo?

«Mia madre era italiana» le disse e, per dimostrarglielo, riprese a parlare in italiano, invece che in inglese: «Perché non sai se fare l’audizione?».

La ragazza rimase sorpresa, poi riecco spuntare il sorriso. Che gli fece arrivare un’altra fitta dritta all’inguine ed evocò immagini di membra aggrovigliate.

Il sorriso però si spense subito.

«Fra tre giorni riparto, torno a Milano.»

Ah.

Un’ingiustificata delusione soffocò tutti i languori che avevano cominciato a surriscaldargli il sangue. Quello sarebbe stato il momento giusto per salutarla. Invece si accorse di non averne voglia. «Ma qui cercano una ballerina. Le audizioni sono domani. Provaci. Se non passi, puoi sempre tornare a Milano come da programma. Altrimenti... Chissà!»

La ragazza si voltò di nuovo verso la bacheca.

Jakob provò l’irrefrenabile tentazione di giocare con lei. «Certo, se pensi di non essere abbastanza brava...» buttò lì in tono casuale. E subito vide comparire sulle sue guance due macchie rosse, che si allargarono fino alle orecchie.

La ragazza era orgogliosa.

Bene, gli piacevano le donne che sapevano tirare fuori la grinta al momento giusto. Forse le scuse inutili che lo avevano irritato all’inizio erano state solo un riflesso condizionato.

«Vedremo!» gli disse lei.

«Quindi farai l’audizione?»

La ragazza serrò le labbra, ancora combattuta. Ma il rossore rimaneva. E il suo sguardo era intenso, battagliero. Osservandolo da vicino, si accorse che non era scuro come sembrava. Le iridi avevano un cuore color cioccolato acceso di scintille caramello, che facevano pensare a penombre languide e sensuali.

Affascinante.

Soprattutto con il contrasto della pelle chiara e di quella criniera bionda che l’elastico tratteneva a stento.

«Come ti chiami?»

«Nadia.»

«Bene, Nadia, allora cosa pensi di fare?» Se a quel punto gli avesse risposto che non erano fatti suoi, se lo sarebbe meritato. Cosa gli importava di cos’avrebbe fatto quella ragazza con cui parlava da tre minuti?

E infatti Nadia sembrò ricordarsi in quel momento di tutte le raccomandazioni tipiche delle mamme. Non parlare con gli sconosciuti, non dare confidenza... «E a te cosa interessa?» gli chiese con aria di sfida.

«Libera di non dirmelo. Tanto, prima o poi lo scoprirò.» Le fece l’occhiolino e iniziò a girarle attorno, per entrare in teatro.

In un primo momento Nadia rimase lì, senza reagire. Poi la sua voce lo raggiunse proprio mentre Jakob stava per aprire la pesante porta a vetri. «Perché, tu chi saresti?»

Jakob pregustò sulla lingua la riposta che stava per darle. «Il coreografo.»

E senza fermarsi a guardare la sua reazione, aprì la porta ed entrò nel foyer caldo.