Che cosa vuol dire scrivere rosa

Floriberta camminava allegra sul marciapiede. I boccoli biondi le rimbalzavano sulle spalle al ritmo dei suoi passi. Sentiva che quella sarebbe stata una giornata speciale. Le avvisaglie c’erano tutte.

Intanto lo diceva l’oroscopo.

Cancro: oggi la giornata si annuncia molto positiva. Puntate in alto e non ve ne pentirete.

E infatti. Sarà stato il sole che brillava nel cielo, il profumo di pane nell’aria, i vasi di ciclamini sui balconi…

Sbam!

«Oh.»

«Oh.»

Una nuvola di fogli si sollevò tra lei e l’altro “oh”. Fogli che svolazzarono gioiosi per qualche istante, prima di depositarsi con un sospiro soddisfatto a terra.

A quel punto, Floriberta vide lui e lui vide lei.

Floriberta pensò che l’oroscopo avesse ragione. Aveva puntato (lo sguardo) in alto, più precisamente sui balconi del primo piano, e guarda che meraviglioso incontro.

Lui, mister Oh, sembrò pensare la stessa cosa, perché invece di raccogliere i fogli, avanzò verso di lei, calpestandone un paio. Aveva gli occhi del colore del cielo e una cravatta ciclamino.

Guarda tu se l’oroscopo non aveva ragione anche su quello!

«Ciao» le disse mister O. «Come ti chiami?»

«Floriberta. E tu?»

«Arnolberto.»

A Floriberta scappò da ridere. Ad Arnolberto anche.

Floriberta e Arnolberto cominciarono a frequentarsi. Lei fece la ritrosa per duecento pagine. Lui la corteggiò, instancabile, per duecento pagine.

E alla fine, quando non ci furono più motivi per tentennare, procrastinare, insomma, menare il can per l’aia…

«Vuoi sposarmi?» chiese Arnolberto.

«Sì» rispose Floriberta.

E da quel giorno vissero per sempre felici e contenti, leggendo insieme tutte le mattine l’oroscopo e coltivando ciclamini sul balcone.

Vi vedo. Sorrisi a parte, non è questo che ci si aspetta da un romanzo rosa?

Una banalità così smaccata da far prevedere già a pagina 1 cosa succederà a pagina 200. Perché siamo sinceri, cos’è un romanzo rosa, o quel che si chiama romance, se non la storia di due belloni stereotipati, che ovviamente si piacciono al primo incontro, ovviamente fanno finta di no e ovviamente alla fine si sposano?

Ed è in mezzo a questi ovviamente che sguazzano tutti i detrattori del genere, secondo i quali basta, appunto, fare una summa di tutte le ovvietà, per avere bell’e pronto il romanzetto perfetto per la casalinga frustrata.

Ora, però, preparatevi a un’affermazione provocatoria: a pensare che i romanzi rosa siano facili non sono solo i detrattori, ma anche parecchie aspiranti scrittrici.

Sì, ho sentito il sussulto.

Se ci riflettete, però, sotto sotto sapete che è così. Perché se non pensassimo che scrivere un romanzo rosa è facile non ci proveremmo, esattamente come non proviamo a scrivere un libro di cucina se non sappiamo cucinare, o un saggio sui cercopitechi se non sappiano nulla di cercopitechi.

In Italia le scuole di scrittura creativa sono poche e spesso onerose, rispetto agli Stati Uniti, dove invece si organizzano di frequente corsi nelle biblioteche, nei circoli ricreativi o nelle aule scolastiche. E pensare Ok, scrivo un romanzo rosa (tanto che ci vuole?, è la conclusione taciuta della frase), anche senza esperienza, senza frequentare corsi, senza conoscerne le dinamiche, è perché o pensiamo di essere possedute dallo spirito di Liala o Barbara Cartland, oppure siamo convinte che sia fattibile. Dove fattibile = facile.

Lo dico con cognizione di causa perché anch’io, che non sono senza peccato e quindi mi tocca scagliare la prima pietra, per un certo periodo l’ho pensata così. A nove anni ho deciso che volevo scrivere, a undici ho letto il mio primo Harmony, a diciotto ho deciso che avrei scritto romanzi rosa perché mi piacevano e, lo ammetto, perché pensavo anche che ce l’avrei fatta senza problemi.

Un problema invece c’è: quando un’aspirante autrice si accinge a scrivere la sua storia, perché pensa che sia facile, corre il rischio di ricadere proprio in quei cliché che hanno reso il genere rosa, paradossalmente, il più venduto e anche il più criticato. Incontri predestinati, coincidenze provvidenziali, colpi di fulmine.

E per quanto mi riguarda, di cose banali ne ho scritte tante agli inizi. Anzi, ancora devo stare attenta a non scriverne: la banalità è insidiosa. Quando pensi di aver imparato a riconoscerla, tacchete, lei spunta fuori di nuovo sotto un’altra veste. So cosa vuol dire cadere nel tranello del cliché, pensare di aver scritto una buona storia, che invece non è tale. Ho un cassetto pieno di tentativi.

Il mio desiderio di scrivere, però, è sempre stato molto forte ed è sempre andato oltre i miei limiti, oltre la mia poca esperienza e anche oltre una certa dose di presunzione. Così ho deciso che l’unica possibilità che avevo era imparare a fare meglio.

All’inizio del 2000 la mia casa è diventata una specie di distaccamento di Amazon, un viavai continuo di scatoloni pieni di manuali. Ho letto e studiato con passione e costanza, e questo mi ha aperto gli occhi sui difetti del mio lavoro, che prima non vedevo. Mi ha fatto capire come i miei presunti capolavori fossero in realtà i tentativi di una dilettante. Non è stato piacevole, in alcuni casi, rendersi conto di avere tanto, ma proprio tanto, da imparare. Oggi è solo perché ne so qualcosina in più che ho pubblicato tre romanzi, però continuo a studiare, approfondire, imparare.

Dicono che i romanzi rosa sono banali.

Pensiamoci: quante cose banali e scontate ci circondano nella vita di tutti i giorni? Ogni volta che apriamo gli occhi, ci muoviamo attorno alle stesse cose, compiamo le stesse azioni, incontriamo le stesse persone. A fare la differenza sono i dettagli. Proprio così, i dettagli, in altre parole le piccole scelte che compiamo ogni giorno per trasformare ciò che abbiamo già visto in qualcosa di… wow!

Lo stesso vale per un romanzo rosa. Certo, se stiamo parlando di una storia d’amore, questo dovrà trionfare e i due protagonisti sicuramente s’innamoreranno. E quello che ci sta in mezzo?

Così, poiché credo che condividere sia fondamentale, ho pensato di raccontare in modo organizzato le informazioni che sono servite a me negli anni, e di cui continuo a fare tesoro per orientarmi nella scrittura, digerite a colpi di esperienza, con l’intento di essere come la compagna di banco che durante un compito in classe spinge verso di te il suo foglio per farti dare una sbirciatina.

Con Scrivere Rosa,* infatti, ho cercato di spiegare come funziona un romance e tra quali fessure e intercapedini si nasconde l’originalità: magari in un arco narrativo sviluppato, ricco di colpi di scena, oppure in un dialogo scoppiettante ed emotivamente intenso. Oppure, ancora, nelle descrizioni evocative di un paesaggio o nel conflitto che nasce tra i due protagonisti.

Quanto ai pregiudizi sul genere?

Cerchiamo sempre di scrivere qualcosa di originale, e sono sicura che presto si cambierà idea sulla letteratura rosa. Magari proprio grazie a Floriberta e Arnolberto!

* L’autrice fa riferimento al suo libro pubblicato nel 2017 da Editrice Bibliografica, che trovate qui: https://www.bookrepublic.it/book/9788870752625-scrivere-rosa/