Confessioni di un’autrice seriale
Vi siete mai chiesti se un autore decida a priori che sta iniziando una serie o se la decisione venga presa strada facendo? Sì, ve lo siete chiesti, lo so perché è una domanda che spesso mi sento fare, alle presentazioni. So che ci sono lettori che preferiscono i romanzi stand-alone, che sono perplessi, quasi un po’ spaventati, all’idea di imbarcarsi in un viaggio che proseguirà oltre la fine di un singolo romanzo, ma… seguite il mio ragionamento.
Le storie che scriviamo si ispirano alla vita, ne sono lo specchio, e questo per un motivo molto banale: la vita è ciò che gli autori conoscono, ciò da cui sono circondati. Dalla vita, di prima o seconda mano, vissuta da noi o raccontata da altri, attingiamo per narrare eventi e creare personaggi. Condiamo questi ingredienti con la nostra fantasia, certo, coloriamo e idealizziamo, ma le immagini di base sono reali. E più sono reali, più fanno risuonare in noi le note dell’identificazione e del coinvolgimento.
La realtà è un continuum. Incontri una persona, diventi suo amico e, se le cose funzionano, non lo elimini dalla tua vita alla fine della giornata, della settimana, della stagione: vuoi restare suo amico. Ti innamori e la storia d’amore non finisce al primo bacio, al primo amplesso, al primo “ti amo”: è, anzi, appena iniziata.
Nei libri, invece, succede spesso proprio così.
È stato bello, addio, a non rivederci più.
E se volessimo rivederci ancora?
Se le storie sono imitazioni della vita reale, se cercano di seguirne il ritmo, se obbediscono agli stessi impulsi, una storia, così come la vita, non ha un inizio e una fine ma fluisce, perché ogni evento porta con sé il successivo in un infinito alternarsi di azione e reazione, di causa ed effetto, in una continua evoluzione. Tanto che mi capita sempre di delineare il libro successivo mentre scrivo la parte finale di quello in corso, perché la storia non si ferma all’ultima pagina ma straborda. L’ultima pagina di un romanzo non funziona come un gigantesco freeze, non si spegne la musica e tutti si bloccano immobili, congelati.
Che cosa succede dopo? Come si evolve la storia, la vita di questi personaggi? Che cosa scoprono ancora, di se stessi e degli altri? Le storie, quelle personali e quelle sentimentali, sono parabole con una loro evoluzione difficile da inscatolare. Se la persona che hai incontrato ti piace, ti intriga, vuoi vederla ancora e condividere altre cose con lei. Ti affezioni alle persone, e nello stesso modo ti affezioni ai personaggi.
Nel mondo della fiction, però, in cui non vogliamo le routine magari noiose che siamo disposti ad accettare nella vita reale, questo affetto non basta per costruire nuove trame. Per farlo serve che il personaggio abbia ancora qualcosa da dire.
Ci sono tante serie romance e romantic suspense che partono da un gruppo di personaggi, e di solito ne affrontano uno alla volta, una coppia alla volta. Come se all’ultima pagina di un romanzo scadesse il nostro passaporto per entrare nella casa dei suoi protagonisti, nel loro cuore, nel loro letto. Anche il GD Team, a ben vedere, è nato un po’ così: i primi due libri possono essere considerati la storia di Alex e Buck (Vertigo) e di Jet e Nicky (Free Fall). Poi, da Spiral in poi, è saltato tutto e i nostri lasciapassare per entrare nella vita delle prime due coppie non sono mai scaduti. Perché la verità è che, nella vita reale, non scadono: non ci sono rigidi confini o trame tracciate a tavolino. Nel GD Team come in genere negli altri miei titoli, i personaggi al centro di un romanzo non diventano mai fantasmi nei successivi; non lasciano il palcoscenico per ritirarsi in camerino e uscire solo al momento dei saluti finali. Possono avere meno battute, quello sì, ma il regista non riesce a dimenticarsi di loro perché, credo, non se ne dimentica neanche il pubblico. Dopo tutto se conosco un gruppo di persone continuo a frequentarle tutte; al limite, a seconda di quello che succede nella mia vita e nella loro, interagirò di più con le une o con le altre.
Così, per natura e inclinazione più che per scelta consapevole, sono diventata un’autrice non solo seriale ma anche corale.
Il che, lasciatemelo dire, è piuttosto complicato, ma anche tanto divertente e stimolante. E, in fin dei conti, credo che sia il motivo per cui il GD Team ha un pubblico così affezionato.
Dunque ecco la notizia per voi: i personaggi del GD Team sono tanti e sono ancora tutti in scena.
Senza piani precisi, senza programmi.
Ci resteranno fino a quando avranno storie da raccontarci.