Io scelgo le donne vere
Avete mai dato un’occhiata alle classifiche dei libri per capire che cosa fanno nella vita i personaggi più amati dai lettori? Di solito sono miliardari, campioni sportivi, spie o addirittura killer.
Cuochi e pasticceri? No, non molti.
Però i cuochi e i pasticceri ci tengono incollati alla televisione, mentre montano, rigorosamente a mano, albumi a neve ben ferma, oppure quando fanno colare della glassa a specchio su una torta, ricordando il perfetto connubio tra lo yuzu – una sorta di limone giapponese – e il cioccolato bianco.
Confesso che mi esalto sempre a vedere tanta bravura e precisione nel creare qualcosa di così effimero come i macarons decorati con i petali di rosa. In fondo, è un dolcetto che dura non più di due bocconi, ma a prepararlo ci vuole tempo e pazienza. Insomma, non è una roba da fare al volo aspettando gli amici per cena.
Precisione. Sì, in pasticceria c’è poco spazio per l’improvvisazione. Una volta, qualcuno disse che il lavoro del pasticcere è, in parte, come quello di un farmacista. Tutto va pesato al grammo e i procedimenti vanno seguiti alla lettera. Vi sarà capitato di vedere come anche il più sornione e affabulatore dei pasticceri di fronte a una frolla troppo cotta inizi a scuotere il capo con veemenza, no?
Però, ve lo garantisco, anche questi indefessi paladini del gusto ogni tanto si ammorbidiscono come il burro. Quando?
Ma quando gli batte forte il cuore. Quando si innamorano e non capiscono più niente. Quando il loro mondo fatto di esperienze sensoriali si trasforma in qualcosa di più.
Un vero pasticcere – innamorato – ha ispirato il Max di Real Love, un burbero intransigente che sa tutto su come trattare lo zucchero ma che all’inizio sapeva ben poco su come trattare le donne.
Donne di che tipo?
Ritorniamo alla domanda iniziale, quali sono i personaggi femminili che svettano tra le altre donne della classifica? Quante di loro sono determinate e tenaci? Poche.
Altra confessione, molte donne ritratte nelle storie di successo le trovo sconfortanti. Faccio parte della minoranza, lo so, ma non posso fare a meno di andare controcorrente. O di provarci almeno.
Emma e Sarah sono forti e insicure allo stesso tempo, sono femminili ma con un cervello! Sono le amiche con cui andrei a prendere un aperitivo da Vic per chiarirmi le idee… in effetti, in loro c’è molto delle amiche con cui andavo a prendere una birretta al pub quando non avevamo una famiglia, una casa e un lavoro a cui pensare.
Le mie donne sono partner, non comprimarie. Non sono la parte cedevole della coppia, ma il collante. Anche quando pensano di non avere bisogno di nessuno accanto… di chi sto parlando?
Ma di Sarah e del nuovo romanzo True Love in uscita il 23 maggio per la collana Comedy di Emma Books.
Estratto dal Capitolo 2 di Real Love
[…]
L’ultima volta che si erano incrociati lei era appena arrivata in ufficio e lui stava uscendo. A malapena si erano salutati. Lei tutta infagottata in un piumino nero, sciarpa, guanti e cappello calato fin sugli occhiali appannati per il contrasto caldo-freddo. Lui che litigava al cellulare con un fornitore per una partita di spezie andata persa alla dogana.
E tra quell’incontro sfuggente e il precedente erano passati più di due anni. Due anni dal momento in cui era stato catapultato dal dietro le quinte di un programma di cucina a sotto i riflettori. Due anni da quando Andrea gli aveva detto: «Basta con le mie preparazioni, ora fai tu». Due anni da quando gli avevano chiesto di scegliersi un assistente tutto suo e aveva scelto Tommaso De Rossi. Er Toma per gli amici.
Due anni.
Due anni fanno un sacco di bene a una bella ragazza. Max accarezzò con lo sguardo le lunghe gambe affusolate, messe in evidenza dai tacchi vertiginosi, che una volta erano nascoste da pantaloni troppo larghi per rendere loro giustizia.
«Due anni fanno maturare una bella ragazza in una bella donna» mormorò tra sé e sé.
Una mano afferrò con forza la sua spalla. «Oh. Visto che roba?» gli bisbigliò Tommaso all’orecchio, così forte che potevano sentirlo anche in cima al Duomo.
Max gli sferrò una gomitata in un fianco. «Zitto che ti sentono!»
«Eh? Maddechè?» Tommaso sgranò gli occhi, indicando la riproduzione virtuale dello studio in cui sarebbero avvenute le registrazioni, proiettata sul grande schermo in fondo alla stanza.
Max si girò e solo la loro amicizia decennale lo trattenne dal chiedergli scusa. Tipico der Toma sbavare di fronte a un frigo a quattro ante e a forni ultramoderni piuttosto che davanti a una bella donna. E non per mancanza di testosterone. Er Toma poteva imbottigliarlo e venderlo in un baracchino come facevano nella pubblicità delle gomme da masticare anni addietro. La verità era che Tommaso, alto e grosso come solo un pilone di una squadra di rugby poteva essere, aveva occhi solo per la sua Lucia. Un metro e cinquantacinque di pura dinamite che nove anni prima gli aveva detto di sì e che, a scadenza regolare di tre anni, gli aveva sfornato un frugoletto.
Er Toma della Santa Lucia, come Max a volte lo chiamava per farlo incazzare. Perché: a) i prodotti caseari industrializzati lo facevano rabbrividire e b) la Lucia di santo non aveva nulla ed era lui il bonaccione di casa.
«Già, ho visto» replicò Max passandosi una mano sul mento. «A quanto pare, per convincere Andrea a prendere parte al programma, non hanno fatto economia su niente.» Poi, girandosi di nuovo verso Emma, aggiunse: «Oppure la Ferrari si è data un gran daffare per portare dentro i migliori sponsor».
«È brava quella lì. Ricordo ancora come trottava ai tempi in cui lavorava al vecchio programma di Andrea.»
«Già. Tipa tosta. Vedrai che con lei sarà tutto più semplice» replicò Max facendo scorrere lo sguardo lungo la curva della schiena e più giù fino alle caviglie, soffermandosi a prender nota di ogni piccolo dettaglio.
«Non ne dubito» replicò Er Toma deciso.
«Allora, voi due» disse il direttore di produzione avvicinandosi a Max e Tommaso con un sorriso da diecimila watt stampato sul viso. «Volete prendere posto vicino al maestro o preferite rimanere in piedi?»
Max non poté fare a meno di notare che quando Gigli si voltò verso Andrea il sorriso aumentò di intensità. Sfolgorava così tanto che come minimo bastava per illuminare a giorno San Siro durante un concerto.
«Gigli, ci siamo tutti o manca ancora qualcuno?» domandò Andrea mentre si sedeva al fianco di Emma. Il bastardo si era preso il posto migliore.
«Scusate tanto, ma dobbiamo attendere l’arrivo del produttore esecutivo. Volete che nel frattempo vi faccia portare qualcosa da bere? Caffè? Tè?»
«Dell’acqua sarà più che sufficiente, grazie» rispose Andrea col suo solito tono accomodante.
[…]
«Grazie Emma» disse Gigli quando lei appoggiò con grazia le bottiglie sul tavolo e tornò al suo posto con un cenno del capo.
«Servitevi pure.»
Brava. Accogliente ma non servizievole. Due anni prima con tutta probabilità avrebbe versato con mano tremante l’acqua nei bicchieri per ciascuno dei presenti, mentre ora trattava tutti come suoi pari, o quasi.
Emma Ferrari. Chissà cosa le è successo in questi due anni per farla cambiare tanto?
[…]
«Signor Allegri?»
Nell’udire il proprio nome Max mise da parte i pensieri e riportò l’attenzione sugli occupanti della sala riunioni. Emma Ferrari lo aveva richiamato all’ordine e ora lo stava fissando con quei suoi occhi di giada resi più vivi dalla montatura nera in celluloide.
«Sì?»
Merda, si era fatto beccare in contropiede e ora l’unica arma che gli era rimasta era fingere indifferenza. “Mostra di avere tu il potere e fa’ sentire la controparte in difetto”,aveva letto una volta su un libro di strategie relazionali. Tutte boiate fondate sul presupposto che le persone possano essere incasellate in rigide categorie, ma nel mezzo di tante parole, quella frase l’aveva colpito e lui l’aveva fatta sua.
«Le chiedevo se per favore può scorrere ancora di un posto. Così da far accomodare alla sua destra la nostra produttrice esecutiva, la signora De Paolis, e il suo assistente.»
«Ma certo» disse Max alzandosi e sorridendo alla nuova arrivata. «Prego, si sieda.»
«Grazie mille, gentilissimo» replicò la ritardataria con tono mellifluo.
Niente scuse. Niente cedimenti. E grazie Signore per non avermi fatto capitolare sotto lo sguardo implacabile della Ferrari.
Max, che aveva mantenuto l’attenzione su di Emma come stessero sostenendo una gara a braccio di ferro, si girò a salutare la nuova vicina.
Avrebbe tanto preferito rimanere a guardare l’algida bionda che minacciava di tagliarlo a fettine, piuttosto che farsi accecare dal completo verde lime della De Paolis. Una ultra-quarantenne tutta pelle e ossa, tostata a puntino da anni di sole e lampade, e corredata da una cascata di lucenti capelli neri che non smetteva un attimo di far oscillare da una parte all’altra come le modelle della pubblicità dello shampoo.
«Bene, ora che ci siamo tutti, direi che possiamo iniziare senza indugi» annunciò Gigli. «Emma cara, ti prego, parti pure con le slides.»
Saluti, presentazioni e spiegazioni ridondanti vennero evitati per passare al nocciolo della questione.
Lo schema del programma così come era stato pensato soddisfaceva Andrea?
Sì.
Allora sotto con i contratti e giù a firmar scartoffie, mentre la voce suadente di Emma Ferrari illustrava i dettagli delle apparecchiature in dotazione, le location esterne che gli chef avrebbero visitato e i criteri di scelta dei concorrenti.
E più la voce della delegata di produzione chiariva gli aspetti tecnici dell’avventura in cui Max si stava per imbarcare, più la sua libido si risvegliava. Al punto che quando fu il momento dei ringraziamenti, emise un gemito di disappunto per la sensazione di privazione derivante dal non udire più quel particolare timbro sexy.
[…]
E pensare che due anni prima tutto quel bendidio era rimasto nascosto sotto vestiti informi e dai tagli eccentrici. Emma Ferrari avrebbe dovuto essere severamente punita per aver privato l’umanità della vista di quel décolleté mozzafiato che lo scollo a V del vestito di seta metteva in risalto come se le fosse stato cucito addosso.