Lezioni di autodifesa per donne... mortali

Per chi è in crisi di astinenza da Principi Azzurro Sangue, Paola Gianinetto ci regala una piccola chicca, una scena inedita da Kyler, il primo volume della serie. Per chi invece non ha letto nemmeno un romanzo della saga, dopo questo assaggio non potrà che divorarli tutti.

 

«Nia, concentrati, per favore!»

Beth incombeva su di lei sul morbido tappeto nel salone della villa e le teneva entrambe le mani inchiodate sopra la testa, in una ferrea morsa.

Nia sospirò, alzando gli occhi al cielo.

«Io mi sto concentrando, sul serio…»

«No, invece, o almeno non abbastanza. Ti avrò ripetuto cento volte che non hai nessuna speranza di riuscire a sfuggire a un aggressore se non sfrutti la sua stessa forza contro di lui. Non cercare di contrastarlo, devi assecondarlo e poi approfittarne per fargli perdere l’equilibrio… Così.»

Mentre parlava, Beth l’aveva sollevata da terra come un fuscello e adesso le stava mostrando quello che secondo lei avrebbe dovuto fare se fosse stata aggredita di nuovo. L’amica si era messa in testa che dovesse imparare i rudimenti dell’autodifesa, dal momento che non poteva essere tenuta d’occhio da uno di loro ventiquattr’ore su ventiquattro. Questo era stata Nia a metterlo bene in chiaro, perché se fosse dipeso da Beth, era certa che non avrebbe esitato a organizzare dei turni di sorveglianza.

Qualche sera prima, un cliente ubriaco l’aveva seguita mentre tornava al bar dall’ufficio e le aveva fatto delle avance piuttosto spinte e di sicuro non richieste. Niente a che vedere con l’aggressione che aveva subito da parte di Richard la notte in cui lei e Beth si erano conosciute: quest’ultimo molestatore era poco più che un ragazzino e non aveva avuto realmente intenzione di farle del male. Anche senza l’intervento di Keenan, che aveva assistito alla scena e si era subito premurato di portare di peso il ragazzo al piano superiore per sbatterlo fuori dal locale, Nia se la sarebbe cavata benissimo da sola. Ovviamente, si era ben guardata dal raccontare l’accaduto ai suoi angeli custodi, ma purtroppo ci aveva pensato il buttafuori e da allora Beth aveva deciso di sottoporla a estenuanti lezioni che, a suo parere, non stavano sortendo grandi risultati. La sua unica consolazione era la promessa estorta all’amica di non parlarne con Kyler, in cambio del suo impegno a imparare a difendersi da sola: l’ultima cosa che desiderava era avere sulla coscienza un ragazzo ubriaco, che si era macchiato dell’involontaria, terribile colpa di importunare la donna sbagliata.

«Ok, riproviamo» disse Beth decisa, mettendosi in posizione.

Nia la assecondò sospirando e questa volta cercò di impegnarsi sul serio. Il vero problema era che neanche Mike Tyson nel suo massimo fulgore si sarebbe mai potuto avvicinare alla forza sovrumana dell’esile ragazza bionda che stava in piedi davanti a lei. Aveva tentato pazientemente di spiegarglielo, ma l’amica non voleva sentire ragioni: a suo dire, sapeva dosare perfettamente la sua forza fisica per commisurarla a quella di un normale maschio umano.

Questa volta Nia azzeccò il movimento e Beth finse di perdere l’equilibrio, sorridendo soddisfatta.

«Brava, così! Non fermarti!»

La fase successiva consisteva nello sferrare un calcio tra le gambe del presunto aggressore, ma Nia esitò un secondo di troppo e Beth le bloccò la gamba a mezz’aria, mentre con un volteggio aggraziato che nessun molestatore che si rispetti si sarebbe mai sognato di imitare, le fu alle spalle e la attirò sul pavimento con sé, un braccio stretto intorno al suo collo.

«E adesso, che cosa faresti per liberarti?»

Nia afferrò il braccio che le stringeva la gola, del tutto impreparata a rispondere alla domanda.

«Ehm… gli darei un morso?»

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi entrambe scoppiarono a ridere, quasi nello stesso momento.

«Che sta succedendo qui?»

Le ragazze si voltarono insieme verso Kyler, appoggiato al muro accanto a loro con le braccia conserte.

«Stiamo combattendo» rispose Beth, senza riuscire a smettere di ridere.

Lui guardò perplesso prima una poi l’altra, con un vago sorriso sulle labbra.

«Oh, davvero? E chi vince?»

Nia si alzò dal pavimento per andargli incontro.

«Io, naturalmente.»

Lui le prese le mani e l’attirò a sé.

«Non avevo dubbi» disse con gli occhi che brillavano, sfiorandole le labbra con le sue.

Beth si mise a sedere con un’espressione seria sul volto.

«No, Kyler, a parte gli scherzi. Sei qui da un po’, giusto?»

Lui fece un sorrisino divertito, senza staccare gli occhi da quelli di Nia.

«Abbastanza.»

«Che ne pensi? Sta imparando, secondo te?»

«Diciamo solo che farei meglio a evitare di lasciarla sola troppo spesso.»

Nia trasalì leggermente al pensiero del suo piccolo segreto e si affrettò ad assumere un’espressione oltraggiata, sferrando un pugno alla spalla di Kyler.

«Smettila, non faccio così schifo. Beth, diglielo tu…»

Evidentemente, però, non fu abbastanza veloce a nascondere le emozioni.

«Che cosa c’è, Nia?»

Accidenti a lui e alla sua maledetta capacità di leggerle nel pensiero.

«Niente. Perché me lo chiedi?»

«Perché è evidente che mi nascondi qualcosa» rispose lui, perfettamente calmo. «Perché Beth ti sta insegnando a combattere?»

«Perché in questo ti assomiglia, è iperprotettiva e maniaca del controllo.»

«Può darsi. Ma io credo che il motivo sia un altro.»

Nia tacque, pensando a qualcosa di verosimile da dire per soddisfare la sua curiosità.

«Diglielo, Nia.»

Fulminò Beth con uno sguardo assassino.

«Che cos’è che dovrebbe dirmi?» chiese Kyler, con una voce che non prometteva nulla di buono.

«Qualche sera fa un tizio l’ha infastidita, al locale.»

«Beth!» la interruppe Nia, furiosa.

«Scusami, ma lo conosco bene. Non si sarebbe mai accontentato di qualcosa di diverso dalla verità.»

«Vai avanti, Beth.»

La voce di Kyler continuava a essere calma e controllata. Troppo calma e controllata, pensò Nia con un brivido.

«Keenan è intervenuto e l’ha sbattuto fuori, ma ho pensato che non sarebbe male se Nia imparasse qualche tecnica di autodifesa, sai, nel caso nessuno di noi fosse presente e dovesse succedere di nuovo.»

Lui non fece commenti, si limitò a spostare lo sguardo da Beth a Nia.

«Non è stata una vera aggressione» si affrettò a specificare lei, a disagio. «Quel ragazzo aveva bevuto troppo ed era solo un po’ invadente, tutto qui.»

Ancora silenzio.

«Non te l’ho detto perché…»

«Lo so perché non me l’hai detto» la interruppe lui, impassibile. «Avevi paura che potessi fargli del male.»

«Esatto! Ma era una paura ingiustificata» aggiunse, fiduciosa. «Perché tu non ne hai nessuna intenzione, giusto?»

Lui fece un respiro profondo, fissando un punto imprecisato davanti a sé.

«Sarebbe stato meglio che me l’avessi detto. Perché, in quel caso, mi sarei limitato a ucciderlo.»

Nia sgranò gli occhi, incapace di credere a quello che aveva sentito.

«Co-cosa?» chiese con un filo di voce.

Kyler la ignorò, continuando a seguire il filo dei suoi agghiaccianti pensieri.

«Adesso, invece, sarò costretto a farlo soffrire… prima.»

Lei aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono. Quella situazione era troppo surreale per essere vera. La stava solo prendendo in giro, non c’era altra spiegazione. Gli si avvicinò piano, osservandolo con circospezione.

«Non stai parlando sul serio, vero?»

Lui chinò lentamente il capo e quando lo rialzò per guardarla, i suoi occhi erano due fessure nere come la notte e scintillanti come l’inferno. E i canini del tutto estesi luccicavano terrificanti tra le labbra socchiuse.

Nia non riuscì a impedirsi di indietreggiare. Non era certo la prima volta che li vedeva e nell’ultimo mese era convinta di essersi in qualche modo abituata, ma ora era stata presa completamente alla sprovvista. E, cosa assai più importante, le altre volte non erano mai stati associati a quell’espressione crudele e selvaggia da predatore.

«Ti sembra che stia scherzando?» chiese lui piano, con voce bassa e roca, mentre si muoveva verso di lei.

Nia si sentì assalire dalla rabbia. Se sperava di spaventarla, si sbagliava di grosso: quei tempi erano finiti da un pezzo e lui avrebbe fatto meglio a impararlo.

Senza un attimo di incertezza, fece un passo verso l’enorme vampiro e gli puntò un dito sul petto, del tutto incurante della minaccia letale che rappresentava.

«Lascialo in pace, Kyler» sillabò a pochi centimetri dalle zanne lunghe e affilate. «Altrimenti ti giuro che non vorrò mai più avere a che fare con te. Mai più, mi hai sentita?»

Lui inclinò leggermente il capo di lato, fissandola sorpreso tra le ciglia socchiuse. Poi le diede le spalle, che un istante dopo furono scosse da leggeri fremiti. Come se stesse tremando o… ridendo.

Nia gli girò intorno e vide che il suo volto era tornato normale, mentre lui si sforzava di trattenersi dallo scoppiare a ridere. La prima cosa che provò fu sollievo, ma subito dopo arrivò la rabbia, cieca, che la spinse a lanciarsi contro di lui per tempestargli il petto e le spalle di pugni, con tutta la forza che aveva in corpo.

Kyler la lasciò fare, ridendo ormai senza freni. Guardando oltre le sue spalle mentre continuava a colpirlo, Nia si accorse che anche Beth rideva e questo aumentò la sua rabbia e i suoi inutili tentativi di fargli del male.

«Dio, Nia, avresti dovuto vedere la tua faccia» disse Beth a fatica, tra una risata e l’altra.

Dal momento che la sua furia non accennava a placarsi, Kyler le prese i polsi e la immobilizzò.

«Scusami, piccola, lo so che sei arrabbiata, ma se continui così prima o poi ti farai male.»

«Andate al diavolo, tutti e due. Dei mostri disgustosi, ecco cosa siete. Lasciami andare, subito!»

Mise tutta l’autorità possibile nel tono con cui gli diede quell’ordine, ma l’unica cosa che ottenne fu uno sguardo contrito, mentre Kyler, invece di lasciarla, la attirava a sé e la stringeva tra le braccia.

«Ok, ok, magari ho esagerato un po’, lo ammetto. Ma se ci pensi bene, dovrei essere io quello arrabbiato: non mi hai detto quello che ti è successo e omettere equivale a mentire. In più, questo dimostra che non hai la minima fiducia in me. Mi credi un mostro senza legge né morale, sono molto offeso, per questo.»

Sì, certo.

«Non ti credo un mostro. Tu sei un mostro, su questo non c’è alcun dubbio, mi pare.»

«E dai, Nia» si intromise Beth, per la prima volta in soccorso di Kyler. «Dovresti apprezzare i suoi sforzi, invece. Solo qualche mese fa, l’avrebbe ucciso davvero, quel tizio.»

«Grazie dell’aiuto, Beth, davvero prezioso» ribatté lui, ironico. Sollevò con un dito il mento di Nia, per guardarla negli occhi. «Che dici, ci perdoniamo a vicenda?»

Lei finse di pensarci per un momento, prima di mormorare una specie di assenso non troppo convinto. Kyler la baciò sulle labbra, il che contribuì non poco a sciogliere anche l’ultima traccia di rabbia.

«In ogni caso, Beth ha ragione» disse lui, continuando a tenere le mani allacciate intorno alla sua vita. «Dovresti davvero imparare a difenderti.»

Nia fece una smorfia.

«Il fatto è che non credo di essere molto portata per la lotta libera.»

«Magari dipende dal maestro.»

Lanciò un’occhiata a Beth, che in risposta gli fece una linguaccia.

«Potrei insegnarti io.»

Nia sospirò, esasperata. Già che c’erano, quei due potevano ingaggiare Dio in persona come istruttore di autodifesa. Magari avrebbe avuto qualche possibilità in più, combattendo contro di lui.

«E se mi iscrivessi in palestra, a qualche corso di arti marziali?» propose senza troppa convinzione. «Se non altro, quelli contro cui dovrei scontrarmi sarebbero umani

Kyler le diede un rapido bacio sulla fronte, prima di raggiungere Beth al centro del grande tappeto.

«Avanti, mostratemi di nuovo quello che stavate facendo.»

Nia ubbidì controvoglia e come al solito un secondo dopo era stesa a terra, con Beth sopra di lei. Dopo alcuni consigli di Kyler, le due ragazze ci riprovarono ancora e ancora, ma alla fine il risultato era sempre o stesso.

«Ok, adesso ti faccio vedere. Sta’ attenta, d’accordo?»

E senza aspettare un cenno d’assenso, si lanciò verso Beth, simulando un’aggressione. Bloccandole entrambe le braccia la afferrò in una morsa, ma lei in qualche modo riuscì a sgusciare dalla sua stretta e gli sferrò un calcio che lui parò senza nessuna fatica, facendola cadere a terra. All’inizio i due vampiri si sforzarono di agire lentamente, ma presto si lasciarono prendere la mano e dopo pochi secondi Nia non riuscì più a vedere niente, se non un turbinio indistinto di corpi che volavano, incontrandosi e separandosi come in una danza. Quando si fermarono e si girarono a guardarla, sollevò le sopracciglia.

«Oh, adesso sì che ho capito. È tutto molto chiaro, davvero.»

«Scusa» dissero in coro, prima di guardarsi sorridendo.

Kyler la prese per mano e nella successiva mezz’ora si calò completamente nella veste di istruttore, sforzandosi con pazienza infinita di inculcarle i rudimenti della difesa personale. Beth rimase a guardarli per un po’, poi se andò a occuparsi di alcune faccende che riguardavano il Tiresia, sicura di lasciarla in buone mani.

Diversamente da quanto si aspettava, lottare con Kyler era più facile che con Beth: evidentemente, i secoli di esercizio che aveva alle spalle l’avevano reso molto bravo a fingersi umano. Dopo parecchi tentativi, Nia riuscì a sfuggire alla sua stretta e in un paio di occasioni arrivò a sferrare il calcio che in teoria avrebbe dovuto renderlo inoffensivo e che lui bloccò un millimetro prima che lo sfiorasse. Cosa di cui lei non poté non essere felice: non sapeva esattamente quanto fossero resistenti i vampiri in quel punto tanto delicato per gli esseri umani e non era particolarmente ansiosa di scoprirlo.

Il problema più grande era che appena si distraeva, uscendo dal ruolo che avrebbe dovuto interpretare, la vicinanza con il corpo muscoloso di lui le faceva venire in mente un migliaio di cose che avrebbe voluto fargli. E nessuna di queste contemplava il prenderlo a calci.

«Bene, stai facendo progressi» le disse lui, orgoglioso, sistemandole un ricciolo ribelle dietro l’orecchio.

Nia era sudata fradicia, oltre che distrutta dalla stanchezza, e trovava particolarmente irritante che lui non avesse un capello fuori posto e che il suo respiro non fosse nemmeno un po’ accelerato, dopo quell’intensa attività fisica. Sorrise tra sé, pensando che c’erano state molte altre volte in cui era riuscita a farlo ansimare…

Non fu una buona idea, visto dove si trovava in quel momento. Era stesa a terra, con il corpo di Kyler premuto contro il suo e una mano che le bloccava i polsi sopra la testa. Nia era certa che le avesse spiegato un modo per liberarsi da quella posizione, ma per quanti sforzi facesse non riusciva a ricordarselo.

Forse perché era esattamente dove sarebbe voluta essere.

Senza che se ne rendesse conto, il suo corpo si mosse languidamente contro la montagna di muscoli che la teneva inchiodata sul pavimento e Nia chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un lieve sospiro.

Sentì che Kyler si chinava su di lei e un attimo dopo il suo alito caldo le accarezzò l’orecchio.

«Sono abbastanza sicuro che questa non sia la cosa giusta da fare per sfuggire a un aggressore.»

Lei gemette piano, sfregando l’inguine contro quello di lui, piano, avanti e indietro.

«Perché non continui ad aggredirmi in camera tua?» sussurrò con voce roca, guardando affascinata il fuoco che si stava accendendo negli occhi neri sopra di lei. «Prometto che cercherò di resistere.»

Quando riaprì gli occhi, un secondo esatto dopo, erano entrambi stesi al centro dell’enorme letto di lui, impegnati in un genere di lotta molto diverso e decisamente più piacevole.