Speciale “dietro le quinte” GD Team
Villa Dubois, Sede della GD Security, Versailles
Vista da vicino, Villa Dubois, la villa che David Langdon ha acquistato e ristrutturato per trasformarla nella sede della neo-nata GD Security, è come me la sono sempre immaginata e come l’avete vista sulla copertina della novella To help and protect: elegante e maestosa, sa di Parigi anche se tecnicamente ci troviamo nel comune di Versailles, a due passi dall’omonimo palazzo.

Dietro il portone di legno l’ingresso è spazioso e accogliente, con un lungo tappeto dei colori della terra e del cielo che copre solo in parte un pavimento di lucido marmo bianco e una serie di luci alle pareti che gli conferiscono una luminosità calda e soffusa. Niente banco della reception, solo il logo della nuova organizzazione sulla parete, due divanetti beige e, sulla sinistra, una porta a vetri dall’aspetto innocuo. In realtà, nessuno la supera se non ha il badge dello staff o non è un ospite atteso a cui viene aperto dal piano superiore: c’è la firma di Ariel Levy dietro a questa sicurezza non sfacciata e intrusiva ma impenetrabile.
Ed è proprio la voce di Digger che esce da un piccolo altoparlante sopra alla porta che non avevo notato.
«Wolf è ancora in palestra. Gli dici tu di salire, passando?»
Ho individuato la telecamera e alzo il pollice in risposta. La serratura della porta a vetri scatta e sono dentro. Sorrido riconoscendo le note di Million Miles an hour dei Nickelback: deve essere lo stesso sistema che diffonde la musica anche in palestra e negli spogliatoi, ma da fuori non si sentiva nulla.
Passare a chiamare Wolf è l’occasione perfetta per mettere il naso in palestra, che però trovo vuota.
Wolf non è sul tapis roulant, il suo attrezzo preferito, eppure mi sembra di vederlo proprio là mentre fissa Chad, impegnato in un allenamento punitivo dal lato opposto della sala. Così come pochi secondi dopo ho l’impressione di sentire scattare l’interruttore e, anche se le luci rimangono accese, rivivo il momento di angoscia di Alex all’inizio del suo combattimento al buio. Certo che Jet sa essere proprio str… sorprendente, quando ci si mette!
«Ehi!»
La voce profonda di Lex Warren mi coglie alla sprovvista e mi fa quasi trasalire. Arriva dagli spogliatoi, capelli umidi e maglietta pulita, e in men che non si dica mi ritrovo sollevata da terra e stretta tra le braccia di quell’uomo che ti aspetteresti di vedere tra i boschi più che di fronte a un computer. Il Lupo è alto, davvero alto.
«Ehi» rispondo, riordinando i neuroni e cercando di rimettere in riga gli ormoni. Il Lupo è anche tanta, tanta roba, così da vicino.
«Andiamo di sopra dagli altri?» suggerisce.
Annuisco mentre, con un po’ di rincrescimento (anche loro), i miei piedi tornano a toccare terra.
«Scale o ascensore?» chiede.
«Ascensore.»
Perché preferirei affrontare un plotone di esecuzione piuttosto che rischiare di farmi vedere senza fiato dopo soli due piani da uno dei miei Teamers (cari istruttori di Krav, prometto di fare più cardio d’ora in avanti). E poi, l’isolamento e l’immobilità forzata a cui l’attesa e la salita in ascensore ci costringono sono quello che ci vuole per fargli una domanda “fuori copione”, ovvero una domanda che arriva direttamente da me, non dai lettori.
«Ti manca?»
Mi fissa con quei suoi occhi azzurri che vedono tutto e di più: in questo Chad ha proprio ragione.
«Parecchio» ammette infine.
Bene. I miei due boys si saranno anche avvicinati con estrema lentezza, ma ormai le scintille tra loro non hanno niente da invidiare allo spettacolo pirotecnico che abbiamo visto a Hannover.
Si accorge che ho premuto il tasto del primo piano, non del secondo.
«Hai voglia di mostrarmi la Cave?» domando, anticipandolo.
«Certo.»
Il corridoio del primo piano è deserto, sono tutti di sopra. Wolf mi precede verso una porta in fondo, la apre e la tiene aperta per me.
Entrare nella sala computer che ormai tutti, me inclusa, chiamiamo Cave è come mettere piede in un altro mondo, quasi un videogioco, con la sua mancanza di luce naturale, la tecnologia di ultima generazione che ne occupa ogni superficie disponibile e le luci basse, quasi fredde. Eppure non è un gioco: se i due team sono gli arti operativi della GD Security e il suo cuore pulsante, i quattro uomini e donne che lavorano in questa sala e nei suoi prolungamenti sul campo sono i suoi occhi e orecchie, in grado di dare ai team il vantaggio competitivo necessario a fare il loro lavoro ma anche la protezione che permette loro di tornare a casa tutti interi.
«Possiamo comunicare con Chad da qui?»
La domanda sembra cogliere il Lupo un po’ alla sprovvista. Alza le spalle.
«Possiamo chiamarlo su Skype.»
«Ho una domanda per entrambi, da parte di una lettrice.»
Si siede davanti a quello che penso sia il suo computer, manda un messaggio con il cellulare poi, quando riceve risposta, inoltra la chiamata.
Il viso di Chad Jennings riempie lo schermo.
«Ehi.»
Il saluto di rito.
«Ehi. Tutto bene lì?» gli chiedo.
«Diciamo di sì.»
Ho idea che sia più un no. Soche è più un no. E, se il linguaggio del corpo potesse parlare e tramutarsi in azione, ho idea che il Lupo userebbe Skype per teletrasportarsi a Pittsburgh.
«Una lettrice ha una domanda per entrambi, okay? Ricordate il detto, “ambasciator non porta pena”?»
Lo sguardo di panico sulla faccia rigorosa dell’ex marine mi rende difficile trattenere un sorriso.
«Luisa scrive: Ora vi siete finalmente trovati. La vostra vita vi tiene lontani, ma io spero che farete di tutto per stare insieme come è giusto che sia ❤ Amore pieno e giusto anche per voi.»
Al mio fianco, Wolf ridacchia.
«Ma non è una domanda» fa notare Chad in tono quasi burbero.
Sempre sorridendo, Wolf lo fissa attraverso lo schermo.
«Prima di tutto, questa lontananza è temporanea, non ho lasciato il mio lavoro lì a Parigi» puntualizza l’americano. «Secondo, perché sto rispondendo solo io?»
Lo ha detto con una smorfia che fa aumentare di intensità il sorriso di Wolf. Il Lupo si sta divertendo un mondo.
«Stiamo già insieme, no?» afferma.
Il mio cuore perde un colpo e sono sicura che quello di Chad debba averne persi almeno due.
Ca… volo, Lupo, vacci piano.
«Voglio dire, ci siamo impegnati a non baciare nessun altro, no?» insiste.
Chad distoglie un attimo lo sguardo. Non è imbarazzato per quello che Wolf ha appena detto ma perché ci sono io. Il Lupo deve essere giunto alla stessa conclusione.
«Lei lo sa già, Volpe» gli fa notare.
«Fai pure il gradasso, ora che sei dietro lo schermo» lo mette in guardia Chad, gli occhi azzurri brillanti di nuovo fissi nei suoi. «Ti sistemo io quando ci rivediamo.»
Il sorriso di Wolf è radioso. È un provocatore nato, chissà se se ne rende conto.
«Credo che alla lettrice piacerà questa vostra risposta» concludo io.
A malincuore. Se non avessi due team interi da spremere, potrei anche passare tutto il pomeriggio con questi due.
«Ci sentiamo più tardi?» domanda Chad, che sembra già aver dimenticato la mia presenza.
Wolf annuisce. «A dopo, Volpe.»
*
Al piano di sopra il soggiorno è un miscuglio sapiente di tradizione e modernità, di colori scuri come il legno del parquet e chiari come l’ampio divano e il tappeto. A parte Chad ci sono tutti, David Langdon e i due team, strategist comprese.

«Benvenuta» mi accoglie GD, da perfetto padrone di casa qual è.
Mi prende la mano e non so bene che tipo di saluto aspettarmi da lui. Si limita a stringermela: non è una stretta di saluto, è più un sigillare un’intesa. Ci capiamo bene da parecchio tempo, il grande capo e io.
Chi non è sul divano è sulle alte sedie della penisola che delimita il soggiorno vero e proprio dalla zona cucina, che per l’occasione sono state voltate tutte verso il centro della grande stanza. Fuori dalla vetrata, il sole di ottobre rimbalza sui tetti dei palazzi dall’altro lato del viale.
Jet mi porta una sedia e la sistema sull’angolo del tappeto, in modo che io mi trovi di fronte a tutti loro. Sono tanti e lasciate che ve lo dica: sentirsi tutti quegli occhi addosso mette un po’ di agitazione.
«Qualcuno ha qualcosa da dirmi, prima che iniziamo?»
«Ho una lista» risponde subito Hogan – e chi altri? «Ma la tengo per la fine.»
Si becca una gomitata nel fianco da Deb, che alza le spalle e mi sorride, come a scusarsi per lui.
Non c’è bisogno di scuse: l’ho scelto io, il capitano. Mi ha folgorato alla sua entrata in scena, in Free fall, e ora ce lo teniamo, modi da orso compresi. Alla fine, adoro anche quelli e credo che lui lo sappia benissimo.
«Allora facciamo un paio di giochini per rompere il ghiaccio. Sono già domande delle lettrici, in realtà. La prima è facile facile. Un’amica di una vostra lettrice, zia Malgy, vorrebbe chiedere a tutte le signore il primo aggettivo che hanno pensato vedendo i loro uomini per la prima volta.»
«Inizio io, perché questa è davvero facile.»
Me lo sentivo che la prima a rispondere sarebbe stata Nicky.
«Infantile e arrapato.»
«Sono due» le fa notare il diretto interessato. Poi le afferra la mano, alzandola per mostrare l’anello che di recente le ha infilato al dito. «Soffre di sindrome da personalità multiple. Un’altra sua personalità lo scorso weekend ha accettato di sposarmi.»
Scoppiano quasi tutti a ridere, me compresa. Buck scuote la testa, Hogan alza gli occhi al cielo, Konstantin Zukov mantiene un’espressione seria (in fondo, il suo primo soprannome è stato Grim) ma ho idea che stia sorridendo a modo suo, dentro di sé.
«Che mi dicono le altre?»
«Figo» afferma Deborah Levy. Fa un sospiro teatrale. «Quando mi sono trovata Paul davanti la prima volta (ci sono andata a sbattere contro, per la precisione) ho pensato: che gran pezzo di figo.»
Altre risate.
«Misterioso.» Alex ha lo sguardo sognante, mentre lo dice. «Quando vedevo Buck venire alla villa per i suoi incontri con David, era circondato da un’aura di mistero.»
«Autoritario.» Detto da Irina, un po’ sorprende. Ma immagino che Konstantin con la sua faccia quasi grave possa fare quell’effetto anche su una donna come lei.
«Geniale» afferma Megan. «Ma ero avvantaggiata: non mi basavo solo sulle apparenze, sapevo che lo era. Basandomi sulle apparenze di quel primo incontro direi: sexy come il peccato.»
Megan è seduta su una sedia accanto a Digger, che le afferra la mano e se la porta alle labbra.
Chi manca? Guardo Michelle Dupré, ora Langdon: scuote la testa.
«Un aggettivo non mi basta. A meno che non scelga ‘indecifrabile’.»
«Ora Zaira vuole rivolgere lastessa domanda agli uomini.»
«Ah!» Jet. «Altezzosa. Molto, molto altezzosa.»
Un pugno gentile – o forse non così gentile – gli colpisce la mascella.
«Misteriosa» rilancia Buck, e Alex sorride.
«Il femminile del mio aggettivo non suona altrettanto bene» protesta Hogan.
«Ho afferrato il concetto» osservo.
«Io non trovo un aggettivo.» La voce profonda e lievemente accentata di Konstantin Zukov. «Ma mi ha tolto il respiro.»
«Se io risultavo indecifrabile, Miche era criptica» afferma il grande capo.
In effetti a quei due sono state necessarie righe e righe di chat e messaggi, per decodificarsi.
«Dolce. Megan era ed è la donna più dolce che io conosca» aggiunge Digger.
Mi volto verso Lex Warren, che scuote la testa.
«Non in sua assenza, no, non ve lo dirò.»
«Altro giochino. Alessandra vi chiede di scegliere tre aggettivi per descrivere un altro membro del team.»
«Senza dire quale» propone Jaime Travis alzando l’indice.
«Sì, mi piace» approvo.
«Comincio io» continua lui. «Testone, aggressivo, possessivo.»
«Ti sei appena descritto, Travis» replica Hogan con tono volutamente piatto.
Buck gli tira un calcio contro la scarpa. «Affondato.»
«Okay, allora funziona così» riprende imperterrito Jet. «Chi si sente chiamato in causa deve descrivere la persona successiva, a catena. Capitano Hogan, è il tuo turno.»
Hogan chiude gli occhi e appoggia la testa allo schienale del divano.
«Che cosa ho fatto di male?» sussurra. Ma non ha bisogno di pensarci a lungo. «Imperturbabile, all’apparenza freddo, efficiente.»
«Sento odore di Russia» commenta a voce bassa Irina.
«Siamo noi» conferma Konstantin al suo fianco. «Tre colpi, due bersagli: ti ho visto fare di meglio, team leader.»
È più loquace del solito oggi. Si consulta brevemente con la futura consorte.
«Testona» inizia Irina.
«Coraggiosa» aggiunge Kos.
«Impulsiva.»
Deb scuote la testa. «Non ci sono più i genitori di una volta.» Stringe le labbra, poi spara i suoi aggettivi. «Affidabile, leale, inaspettato.»
Gli sguardi oscillano in giro per la stanza, finché quelli di Deb e di un paio degli altri si soffermano su Wolf, in piedi accanto a Digger.
«Grazie, Levy.» Quindi passa un braccio attorno alle spalle di quello che tutti considerano il motore primo della Cave. «Brillante, ossessivo, stakanovista.»
«Avresti potuto aggiungere noioso per completare il tuo spot» protesta Ariel Levy con una smorfia. Poi guarda dritto davanti a sé. «Io dico machiavellico ed è scacco al re.»
Un re che rimane imperturbabile e si limita a fissare il suo genio informatico a occhi stretti.
«Okay, questi giochini sono divertenti ma se non andiamo avanti facciamo sera» intervengo io. Guardo Jet e sorrido. «Le prossime domande ruotano attorno o si ispirano al grande evento che ha mandato qualcuno al tappeto e ha riempito di gioia ed eccitazione tutti gli altri.»
Jet scuote la testa. «Non sono andato al tappeto. Le mie ginocchia ricordano un impatto molto più duro e ringraziano.»
«Congratulazioni a entrambi. Ecco la prima domanda, di Laura: come vedete il futuro dopo la nascita dell'erede? Come concilierete il vostro lavoro con il ruolo di genitori?»
Nicky inarca le sopracciglia.
«Come fanno tutti, immagino. In realtà, il nostro lavoro non ci impegna otto ore al giorno cinque giorni a settimana, abbiamo parecchio tempo libero. Credo che basterà trovare una buona babysitter.»
Jet annuisce.
«Una domanda simile da Luisa per Jet: sei pronto all'eventualità di diventare padre di un paio di gemelli belli vivaci? E insieme a Nicky come gestiresti le due piccole pesti in concomitanza col team?»
«Gemelli? Chi ha parlato di gemelli?» Mi fissa. «Tu sai qualcosa?»
Rido. «Io? Non so nulla, esattamente come voi.»
«Uno, speriamo che sia uno» replica allora. «E che prenda da lei e non da me.»
«Viviana chiede a entrambi: Jax e Penny saranno zii, vi hanno già chiesto di poter fare da padrino e madrina?Libera invece aveva pensato a Buck e Alex.»
Jet spalanca gli occhi. «Sono più avanti di noi.»
«Molto più avanti di noi» conferma Nicky. «La mia famiglia non sa ancora nulla. Che ci sposiamo, sì, che arriva un nipotino non ancora. Preferisco aspettare ancora qualche settimana, prima di dirglielo.»
«Per come la vedo io» interviene Alex, «sono liberi di scegliere chi vogliono. Buck e io non ci offendiamo.»
Buck alza le spalle. «Anche se, considerando che viviamo porta a porta e che ho salvato il culo a paparino più di un paio di volte, magari…»
«Sta scherzando» lo interrompe Alex.
Lui annuisce, con poca convinzione, e assesta una pacca sul ginocchio di Jet. «Sto scherzando, fratello. Per la cronaca, comunque, l’asfalto di quel parcheggio sotto la pioggia lo ricordo anch’io.»
Nicky allunga la mano a stringergli la sua, e da quel piccolo gesto capisco che Jet le ha raccontato tutto. O, almeno, le ha raccontato il ruolo di Buck in quel momento.
«Ora ci allarghiamo agli altri. Francesca e Libera vogliono sapere sequalcun altro sta prendendo in considerazione l’idea di mettere su famiglia.»
Lo sguardo di Paul Hogan si pianta su di me.
«Giuro, io non c’entro» mi difendo.
«E non stai tramando alle nostre spalle?»
Scuoto la testa.
Kos arriva a salvarmi prima che Hogan possa continuare il suo interrogatorio – e tutti conosciamo le tecniche di Hogan, non sono per niente rassicuranti. «Noi, grazie al cielo, una famiglia ce l’abbiamo già.»
«Se posso» aggiunge Megan, «Jet e Nicky stanno insieme da un anno e mezzo, ma si sono girati intorno per molto più tempo.»
«C’è qualcuno nell’intero pianeta che non conosce questa storia?» protesta Jet.
«Se è per questo» interviene Deb, «tu sei innamorata di Ariel dai tempi dell’università.»
Digger alza le spalle. «Ma io non lo sapevo, non conta.»
«Okay, come risposta immagino che possiamo interpretarla come un: no, nessuno ci sta ancora pensando.»
Alex corruga la fronte. «Sono cose private.»
Dunque nessuno, tranne forse Alex, ci sta pensando.
«Che stiate o meno considerando di mettere su famiglia, Alessandra chiede se desiderate mai che voi o il vostro partner faceste un lavoro meno rischioso.»
«Che cos’è rischioso?» domanda Buck. «L’altro giorno un padre di tre figli, nella nostra via, è salito in macchina per andare al lavoro, a cinque miglia da casa, e non è più rientrato: un camionista l’ha centrato in pieno per via di un colpo di sonno.»
«Giusta considerazione» commenta Michelle. «A cui ne aggiungo un’altra. David ha dei nemici. Li ha per il tipo di persona che è e per le scelte che ha fatto. La cosa mi spaventa? Sì. Vorrei che fosse diverso e avesse fatto scelte diverse? No.»
Annuisco e mi chiedo se Miche si renda conto della dichiarazione d’amore che ha appena pronunciato a suo marito, davanti a tutti noi.
«Io li guardo negli schermi e vedo i rischi che affrontano» aggiunge Wolf. So che sta pensando a Chad, ma non solo. «Ma sanno quello che fanno. Hanno un talento, che è quello di sapere intervenire in difesa di chi non può difendersi. È… un dono. Per quanto mi riguarda, l’unica cosa che posso e voglio fare è continuare a essere i loro occhi e le loro orecchie, per ridurre il più possibile i rischi e i pericoli.»
I loro occhi e le loro orecchie: non ho pensato al nucleo IT proprio in questi termini, poco fa, nella Cave?
«È arrivato il momento di qualche domanda per chi non c’è.»
Prendo un foglio dalla cartellina che ho in mano e lo porgo a Irina.
«Per Valentin, se pensi di potergliele e volergliele inoltrare.»
Francesca gli ha chiesto che cosa prova ora che ha ritrovato sua madre, sa di avere una sorella e un fratello, insomma, ha una vera famiglia, super calorosa tra l'altro. E se lui e Storm parteciperanno al matrimonio.
«Spero che verranno» commenta Irina, rialzando lo sguardo dopo aver letto. «Sulla prima parte non risponderebbe, non a parole. Ma credo che lo abbia fatto con i fatti, durante queste ultime settimane. So che all’inizio per lui sono stata uno strumento per ritrovare Eva, ma… credo che poi abbia dimostrato di essere andato oltre.»
Poi le passo anche la domanda di Sabri. Valentin rimarrà grigio?
Vedo la sua espressione perplessa e mi sembra giusto aggiungere una spiegazione.
«È colpa mia, sono io che per prima, all’inizio, l’ho percepito e definito come ‘grigio’.»
«Avrebbe potuto essere nero, lo sai, vero?» mi fa notare lei.
«Ha il tuo bianco, Irina. E quel bianco è stato l’antidoto che ha arginato il nero del padre.»
Il sorriso che le illumina all’improvviso il volto è incredibile. Irina potrà anche essere la regina di ghiaccio ma, quando lascia trasparire il calore che nasconde dentro, il disgelo è immediato.
«Wolf e Digger, vi ho mandato una domanda via mail.»
So che immagineranno il motivo per cui l’ho fatto quando le leggeranno: sono domande private, non volevo costringerli a rispondere davanti a tutti gli altri. Se vorranno, potranno rispondere mentre io rivolgo le prossime agli altri.
«E ne ho una da Luisa per Grayson» aggiungo.
«Posso?» chiede Michelle, allungando la mano.
Lei e GD sono seduti su due poltrone sistemate tra il divano e la parete occupata dal grosso televisore, e hanno alle spalle la vetrata.
Ma la tua anima grigia non ti pesa sul cuore? In fondo c'è qualcuno che smuove dentro la parte buona di te?
Passa il foglio a suo marito. «Credo che dovremmo inoltrargliela, sarà divertente. Dig, se riuscirai a mostrarci la sua faccia mentre la legge sei il mio eroe.»
La bocca di David Langdon si piega in un sorriso divertito. «Chiedo a Paul di fargliela avere. Con una legenda per ‘parte buona di te’, o potrebbe non capire.»
Grayson è considerato da tutti uno stronzo, e come dar loro torto?
La menzione di Paul Shepard invece è lo spunto ideale per un’altra domanda.
«Sabri chiede se tra Paul e la tua deliziosa mamma non potrebbe forse esserci qualcosa di dolce.»
David sorride. «Direi che ‘forse’ è la parola chiave. Se c’è qualcuno che potrebbe riempire in mia madre il vuoto lasciato dalla perdita di mio padre, quello è Paul. Ma il suo lavoro alla CIA e l’oceano che li separa remano loro contro. Vedremo. Io ne sarei felice.»
«Ora ho due domande per i team leader.» Guardo Hogan, perché mi piace stuzzicarlo e perché la domanda per lui si collega a quella che ho appena consegnato a Irina per Valentin. «Viviana scrive: sappiamo bene ormai che il tuo non è un carattere facile.»
«Ehi!» protesta subito. «Questa stanza è piena di gente dal carattere non facile, perché sul poster devo esserci sempre io?»
«Già, perché?» controbatte Jet. «Vuoi che ti risponda?»
«Come avverti il tuo ruolo all'interno dell'impegnativa famiglia Levy?» continuo a leggere io. «Ormai tra V, Dig, Kos e Deb ci sono più fazioni/correnti in quella famiglia che in un partito politico. Tu come ti ci senti preso in mezzo?»
Lui corruga la fronte. «Non sono un politico, sono un soldato. Quindi non mi sento preso in mezzo. Sono l’outsider.»
Deb gli afferra la mano. «Non sei un outsider.»
«Il finto modesto è un ruolo che non ti si addice» gli fa notare Irina con un mezzo sorriso.
Hogan alza la mano libera. «Se mi lasciaste finire…. Quello che intendo dire è che voi sapete benissimo risolvere le vostre questioni da soli, basta lasciarvi il tempo di farlo.» Si stringe nelle spalle. «Io mi limito ad ascoltare.» Guarda la donna seduta al suo fianco e si porta le loro mani unite alla bocca. «Non è così?» Poi si volta verso suo cognato. «Che dici, questo mi rende abbastanza Levyzzato?»
Deb spalanca gli occhi mentre Digger scuote la testa sorridendo. A quanto pare, il capitano Hogan ha un suo modo di reperire informazioni. Sì, direi che è un Levy fatto e finito anche lui.
«Ora una domanda per Buck, da Valeria: mi rendo conto che tu e Jet siete come fratelli, ma c'è stata una volta in cui lo avresti volentieri picchiato per aver esagerato?»
Buck evita di incrociare lo sguardo da “attento a quel che dici, fratello” di Jaime Travis, e la sua espressione non rivela nulla. Poi si stacca dallo schienale del divano e appoggia gli avambracci sulle ginocchia.
«Mettetevi comodi perché questa sarà una risposta lunga. All’inizio, la primissima impressione? Ho pensato che fosse un idiota.»
Mi aspetto commenti da Nicky e Hogan, ma nessuno dei due parla. Sono entrambi comodamente appoggiati allo schienale, la mano dei loro compagni nella propria.
«Qualche settimana dopo eravamo in Africa, in missione.»
«Devi proprio raccontare quella storia?»
Jet che fa il timido, questa sì che è una novità. Buck lo ignora e continua il suo racconto.
«Fummo attaccati mentre guadavamo un fiume. Jet e io non eravamo nella stessa pattuglia, a quel tempo. Uno degli uomini della mia fu ferito, e io lo stavo sorreggendo per aiutarlo a raggiungere la riva e la copertura degli alberi. Jet li aveva quasi raggiunti quando ci vide. Invece di fornire fuoco di copertura come stavano facendo gli altri che erano già al sicuro, tornò indietro e afferrò il ferito dall’altro lato. ‘Coprici tu, hai la mira migliore di tutti.’»
«Era vero» interviene Jet. «È ancora vero.»
«Taci e lasciami finire.»
«È finita. Siamo riusciti a…»
«Non è finita» lo interrompe Buck. «Manca la parte migliore. Jet era stato ferito al polpaccio e la ferita si infettò, forse proprio perché era rientrato in quell’acqua melmosa. Passò due giorni con la febbre alta nell’ospedale da campo. Volle essere messo accanto al ferito che aveva aiutato, e per quel nostro commilitone fece più lui con le sue battute e il suo buonumore dei medici e delle infermiere.»
«Non è esatto» lo corregge Jet. «Quando guarì, dedicò molto tempo a una delle infermiere. Credo che abbiano messo su casa insieme, alla fine.»
Il tentativo di distogliere l’attenzione da sé non sortisce il suo effetto.
«Da quella volta» riprende Buck, «non feci mai più lo sbaglio di sottovalutarlo solo perché ogni tanto sceglie di guardare le cose con leggerezza e fa battute stupide. Quello, anzi, lo considero il suo tocco magico.»
È Jet a rompere il silenzio che è calato nella stanza alla fine della storia.
«Perché non me l’hai detto prima che facessi la proposta a Nicky?»
Nicole scoppia a ridere. «Sei ancora quell’idiota.»
Ma lo abbraccia e gli stampa un bacio sul collo.
Ecco, ora ci vuole proprio un po’ di quella leggerezza.
«Federica chiede a Jet qual è stato il primo veicolo a motore che ha guidato e se c'è una storia legata a questa circostanza oppure è stata una semplice 'scuola guida'. E Laura aggiunge cheun suo sogno è lezioni di guida sicura per la moto con Jet... chiede se saresti disponibile.»
«Sono sempre disponibile a dare lezioni di guida, qualunque sia il mezzo. Il primo veicolo a motore? Un go-kart, direi. Vale? Andammo a questa pista con mio fratello, che ha tre anni più di me. Mio padre voleva far girare solo lui perché sosteneva che io fossi troppo piccolo. Dopo aver assistito invidioso ai giri di mio fratello, lo convinsi a farsi pagare ancora una corsa, e poi, approfittando di un momento di distrazione di mio padre, salii io al suo posto. Girai più veloce di tutti i bambini più grandi. Ma questo non mi risparmiò un ceffone, quando scesi. Solo anni dopo mio padre mi confessò di essere rimasto colpito da come avevo guidato quell’aggeggio infernale.»
«Federica ha una domanda anche per Digger: hai mai sfruttato le tue incredibili capacità e conoscenze informatiche per scopi personali, tipo prendere informazioni su una ragazza?»
Ariel Levy scoppia a ridere.
«Una ragazza? No!» Poi lui e Deb si scambiano un lungo sguardo.
«Perché ho idea che non mi piacerà?» interviene Hogan.
«È stato parecchi anni fa» si difende Deborah Levy.
«Hai cercato informazioni su un ragazzo, per Deb» intuisco io.
Dig alza le spalle. «Deb voleva uscirci, Irina faceva storie, così le ho mandato un fascicolo.»
«Oddio» esclama Irina, «me lo ricordo!»
«E?» vuole sapere Hogan.
«E niente» replica Deb. «Ci sono uscita una volta ma… non ne valeva la pena.»
«Mi ha fatto lavorare per niente» conclude Digger.
«Zaira chiede a tutti: se non aveste intrapreso questa carriera, che cosa avreste fatto? Avevate un piano B?»
«L’SAS è stato il mio piano B» afferma Buck. «Da ragazzo volevo diventare un giocatore di rugby.»
«Io quando ero ragazza, dopo essere arrivata qui in Francia con David, oscillavo tra due idee: l’istruttrice di arti marziali per insegnare alle giovani a difendersi, o l’assistente sociale. Il problema è che avevo sempre Maceiò in testa. Quando ho accettato che il mio posto era qui in Europa, ho riconsiderato il tutto. Ma mi piacerebbe ancora fare qualcosa di più per i ragazzi.»
«Lo sta già facendo» interviene Nicky. «Quando siamo a casa dà una mano in un progetto rivolto agli adolescenti della città di Brighton, ed è bravissima.»
«Lostiamofacendo. Anche Nicole è impegnata nello stesso progetto. Io tengo un corso di autodifesa e organizzo degli allenamenti in spiaggia, con l’aiuto di Buck e Jet, ogni tanto. Nick fa dei colloqui orientativi e motivazionali.»
«Se la CIA non mi avesse reclutato, come psicologa mi sarebbe piaciuto lavorare con i ragazzi.»
«Megan è bravissima a cantare» osserva Digger.
«È vero» concorda Wolf.
«Da ragazza sognavo di diventare una rockstar» conferma l’interessata. «Poi ho incontrato Deb e suo fratello, e la mia vita ha imboccato altri binari.»
«Qualcuna di queste professioni è ancora il vostro sogno nel cassetto? Perché Alessandra vuole sapere se ne avete.»
Buck scuote la testa. «Il mio piano B, o meglio i suoi sviluppi, si sono rivelati meglio del piano A.»
«Mi piace il lavoro di squadra, e adoro lavorare con loro» afferma Megan. «Mi piace anche cantare, ma mi basta esibirmi ogni tanto nei locali, non vorrei farlo come attività principale.»
«Ogni tanto mi manca la mia famiglia» confessa Nicky, «e penso che sarebbe bello vivere più vicino a loro. Ma i miei appartengono al loro ranch in Texas e Jax, non saprei immaginarlo in un luogo diverso da New Orleans.» Alza le spalle. «Mentre la mia vita ormai è qui.»
«Possiamo andare a trovarli più spesso» osserva Jet.
«E vuoi che i tuoi non rapiscano il nipotino o la nipotina per fargli o farle passare dei periodi al ranch, con i cavalli?» fa notare Alex. «Il che risolve in parte anche il problema babysitter.»
«Io…» Irina sembra esitare. «Queste ultime settimane sono state… wow. Non lo consideravo neanche un sogno ma una cosa impossibile. Invece si è avverata.»
Si ferma, ma ho l’impressione che lo abbia fatto per imbrigliare l’emozione, non perché ha finito. Ed è così.
«È stato difficile ma, alla fine, Kos e Deb e tutti voi mi avete regalato davvero un sogno.»
«Io non ti ho reso le cose facili» le fa notare Deb.
«All’inizio, forse. Poi Kos mi ha lasciato senza fiato con la sua proposta, e tu mi hai regalato la serata più bella della mia vita. Nessun altro sogno potrebbe battere quello che ho ora.»
Il nome di Valentin non è stato pronunciato, forse per un’innata reticenza a mostrare un’emozione ancora troppo cruda, troppo viva. Ma è lui, il figlio che ha completato quella famiglia, durante la cena a cui Irina ha appena fatto riferimento e in generale nella loro vita. Come e più di un figliol prodigo che fa ritorno. E io sono sicura che non mancherà, al matrimonio di sua madre.
«Siamo alle ultime domande. Zaira vuole sapere come vi vedete tra dieci anni.»
David Gordon Langdon, che è il motivo per cui siamo tutti qui, si sposta in avanti sulla sua poltrona e tutti tacciono. Il carisma di quell’uomo è impressionante e irradia da lui come qualcosa di palpabile.
«Se mi avessero fatto questa domanda dieci anni fa… Mi rendo conto ora che dentro di me c’era già l’idea, il desiderio di ciò che sono riuscito a realizzare con e grazie a tutti loro. Ma non avrei mai potuto immaginare che sarebbe stato… questo» conclude, indicando con una mano davanti a sé.
«Mi stai dicendo che è impossibile sapere che cosa sarà tra dieci anni?» ipotizzo.
«No. Ti sto dicendo che oggi l’unica cosa che voglio è che siamo ancora qui, tra dieci anni. E che siamo ancora così.»
«Cioè Travis non la smetterà mai con le sue battute idiote?» chiede Hogan dopo qualche secondo di assoluto silenzio.
«Niente nipotini» osserva Irina.
«Così o meglio di così» specifica allora GD, con un sorriso divertito.
«Vuoi dei nipotini?» chiede Deb a sua madre.
«No. Non lo so» risponde lei.
«Io lo prendo come un no» commenta Hogan.
David Langdon mi guarda con una smorfia divertita. “Vedi che cosa intendo?” sembra dire, con l’espressione e con il nuovo gesto che fa con le mani.
Devo riprendere le redini per concludere, prima che nella stanza scoppi la totale anarchia.
«Ho un’ultima domanda, per i due team al completo.»
E ho idea che al grande capo piacerà meno della precedente.
«Barbara chiede quante volte avreste voluto prendere a testate GD quando vi teneva nascoste le cose. Dice di aver temuto per la sua salute, un paio di volte almeno.»
David appoggia le mani sui braccioli della poltrona. «Vado a controllare le mail in ufficio e torno tra un paio di minuti.»
Ma Benjamin Buckler, che è stato il suo braccio destro fin dall’inizio, ha già sollevato una mano, come a intimargli di stare fermo dov’è.
«Vedi, a volte in effetti ti arrabbi per come ti tace le cose» esordisce. «E sappiamo che è capitato a me più che a tutti gli altri.» Scuote la testa. «Poi se ne viene fuori con considerazioni come quella di poco fa, o come il discorso che ci ha fatto in aereo, quando stavamo per affrontare quei due psicopatici. E finisci per perdonargli ogni omissione, ogni cosa che ti ha taciuto. Lui… ha i suoi piani, tesse la sua tela. Ma credo che abbiamo imparato tutti che non calpesta nessuno, e che prima o poi ce ne mette a parte, quando reputa che la situazione sia matura per farlo. Nessuno ormai si aspetta qualcosa di diverso da lui.»
«Amen, fratello» conclude Jet per lui.
Megan si alza e si guarda intorno.
«Caffè?»
Si alzano in diversi, uomini e donne, si spostano nella zona cucina e si mettono ad allestire qualcosa che, più che un coffee break o un afternoon tea, assume presto l’aspetto di un rinfresco in grande stile.
Mentre loro preparano, ne approfitto per dare un’occhiata alle due risposte che mi sono già arrivate via mail.
Laura ha fatto a Wolf una domanda difficile: sei davvero così sereno nei confronti di quello che la vita porta a te e ai tuoi amici? È vero, come sembra, che non giudichi nessuna persona e nessun comportamento? Oppure ti trattiene e non manifesti i tuoi pensieri?
Leggo la risposta che Lex Warren mi ha inviato e resto senza fiato.
«Davvero sembro sereno? Quest’ultimo anno e mezzo mi ha portato dove non pensavo che sarei mai arrivato, o andato. Ero un solitario, ed ero stato scaricato in malo modo da un datore di lavoro che non solo mi aveva spremuto per anni, ma ha continuato a farlo anche dopo avermi ufficialmente mandato via. Langdon, Michelle e gli altri mi hanno offerto non solo un lavoro ma una nuova dimensione in cui lavorare. Quindi sì, forse sono sereno perché mi piace dove sono e mi piacciono le persone con cui lavoro. Sul giudicare è più facile: tanta gente ha giudicato me senza avere gli elementi per farlo, mi sembra il minimo che io non commetta lo stesso errore. La rete è complessa e piena di tranelli: la vita, alla fine, può essere semplice se fai e dici quello che vuoi fare e dire.»
E bravo, il nostro Lupo. Un corpo da tagliaboschi, un cervello da hacker, un cuore da filosofo.
Anche la domanda che Francesca ha fatto a Digger era insidiosa: con tutti i matrimoni in vista, pensi di rassicurare Meg sul fatto che la ami e che non viene dopo il tuo lavoro? Ma soprattutto, hai intenzione di farle la fatidica proposta?
Mentre inizio a leggere penso che Digger è un Levy, e nessuno sa difendere i propri segreti come i Levy.
«Meg non viene dopo il mio lavoro, sono due sfere diverse, quella privata e quella professionale. Per il tipo di lavoro che faccio, ci sono situazioni in cui non posso avere un ritmo normale. Mi rendo conto di non essere il fidanzato ideale e spero che, il giorno che lei avrà dei problemi rispetto ai miei orari, me lo dirà. Per quanto riguarda la proposta, ognuno ha i suoi tempi e fa il suo percorso. Non credo che nessuno di noi farà un passo così importante solo perché Irina e Kos si sposano, o perché lo fanno Jet e Buck con le loro compagne. Ognuno deciderà se e quando vorrà.»
Questo è Ariel Levy: dolce e granitico al tempo stesso.
Alzo gli occhi dal cellulare e me lo ritrovo davanti.
«Caffè o tè?» vuole sapere.
«A quest’ora preferisco una tazza di tè, grazie.»
Mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi, un gesto a metà tra quello che farebbe un amico e l’eterno perfetto gentleman che è.
«Non ti sei arrabbiato, vero?» gli chiedo, mentre mi guida verso il tavolo dove sono comparsi dolci e pasticcini in quantità e qualità tali che mi costringeranno a due giorni di digiuno, per compensare.
«Per cosa?»
«Per la domanda.»
«No. E tu per la risposta?»
«Certo che no. Non mi aspettavo niente di diverso da te.»
Sorride. Ha ragione Meg: proprio perché inconsapevole del suo fascino, Ariel Levy non straborda forse testosterone come i tre ex SAS, ma è davvero sexy come il peccato.
«Tu ci conosci bene» commenta.
«Già.»
Forse per questo con loro mi sento a casa.
