Una donna rispettabile, di Kate Chopin
Nel racconto Una donna rispettabile, pubblicato per la prima volta nella raccolta A Night in Acadie del 1897, l’autrice Kate Chopin (1851-1904) affronta temi cari alle donne quali la percezione, l’apparenza, l’identità, il desiderio e la libertà. Il primo di questi è dominante sin dall’esordio del racconto. La signora Baroda, prima ancora di incontrare l’amico del marito, Gouvernail, ne costruisce un’idea fisica e morale e si convince del fatto che non le piaccia. Una percezione importante ma fallace, poiché sarà sufficiente un incontro per essere sconfessata e cambiare totalmente idea fino all’episodio della panchina. Tuttavia esita e resiste, perché non sarebbe appropriato per una donna rispettabile e sposata comportarsi diversamente. Qui Chopin introduce il tema dell’apparenza, di ciò che la società in cui vive la signora Baroda considererebbe sconveniente, e lascia spazio anche al tema del desiderio. Il termine gouvernail, infatti, vuol dire timone e forse Chopin prefigura che l’uomo possa guidare la signora Baroda verso un’esperienza nuova, che per una volta non includa suo marito Gaston.
E così Kate Chopin usa la vicenda della sua eroina come pretesto per dire che il matrimonio non è sempre un luogo felice.
A casa di Emma abbiamo quindi pensato di riscoprire insieme, grazie alla traduzione di Emanuela Chiriacò (autrice Emma nell’antologia Non ti resisto), una scrittrice statunitense che avesse a cuore, proprio come noi, le dinamiche femminili e l’importanza di saper ascoltare, seppure in momenti fugaci, i suggerimenti che le emozioni e le sensazioni corporee ci regalano, per una vita che sia più intensa e libera da condizionamenti.
Buona lettura.
Una donna rispettabile, di Kate Chopin
Traduzione di Emanuela Chiriacò
La signora Baroda non mandò giù la notizia che il marito avrebbe ospitato l’amico Gouvernail alla piantagione per una o due settimane. Avevano trascorso parecchio tempo insieme durante l’inverno, per lo più a New Orleans, impegnati in varie forme di misurata dissolutezza.
Nel momento in cui lei avrebbe desiderato passare un periodo di prolungato riposo e intimi tête-à-tête con suo marito, lui la informò dell’arrivo di Gouvernail, in visita per una o due settimane.
Non lo aveva mai visto ma ne aveva sentito parlare. Compagno di università del marito, adesso faceva il giornalista; di certo non era in alcun modo un uomo sociale o mondano, cosa che spiegava, forse, il fatto che lei non lo avesse mai incontrato. Senza rendersene conto, però, se n’era fatta un’idea in testa; e lo credeva alto, magro, cinico. Non la conquistò con il suo pince-neze le mani in tasca.
In realtà, Gouvernail era sì piuttosto magro ma per niente alto o cinico e non indossava un monocolo né teneva le mani in tasca. Al primo incontro, quando le fu presentato, le piacque abbastanza. Si sforzò di capire il perché ma non trovò una risposta. Dei tratti unici e lusinghieri di cui le aveva parlato Gaston, suo marito, non trovò riscontro. Prima che il chiacchiericcio impaziente di lei e l’ospitalità verbosa e sincera di Gaston lo facessero sentire a casa, rimase seduto in silenzio ad ascoltare. Si comportò in maniera consona alle pretese di una donna esigente e non cercò approvazione o stima in modo esplicito.
Da quando si era stabilito alla piantagione, apprezzava rilassarsi sotto il portico all’ombra di una delle grandi colonne corinzie, fumare il sigaro con pigrizia e ascoltare con attenzione l’esperienza di Gaston nelle vesti di piantatore di canna da zucchero.
«Questo sì che si chiama vivere!» esclamò con profonda soddisfazione, come se l’aria che si diffondeva rapidamente sui campi di zucchero lo accarezzasse con un tiepido e profumato tocco vellutato. Era contento anche di prendere confidenza con i cani che si avvicinavano e si strofinavano sulle gambe. Non gli interessava la pesca, e non si mostrò ansioso di andare a caccia di frosoni quando Gaston glielo propose. La signora Baroda era confusa e al tempo stesso attratta dalla personalità di Gouvernail. A dire il vero, la sua compagnia era gradevole e innocua.
Trascorso qualche giorno, però, l’intesa tra i due non aveva fatto progressi dal primo incontro e l’imbarazzo della donna lasciò spazio all’indignazione.
Con quest’umore tolse il disturbo, lasciando marito e ospite soli per la maggior parte del tempo. Quando capì che Gouvernail non aveva fatto caso al suo comportamento, impose la sua presenza accompagnandolo nelle lente passeggiate verso il mulino e nelle camminate lungo la battigia. Con insistenza, cercò di scardinare la riservatezza in cui si era chiuso.
«Quando andrà via il tuo amico?» chiese un giorno a suo marito. «Lo trovo terribilmente noioso.»
«Non prima di una settimana, cara. Non capisco; non ti dà alcun fastidio.»
«No. Preferirei che lo facesse, se fosse come tutti gli altri ospiti, mi troverei a dover organizzare qualcosa per farlo stare bene e divertirsi.»
Gaston le prese il viso tra le mani, la guardò negli occhi turbati e le sorrise teneramente. Si stavano preparando nella stanza di lei.
«Sei una sorpresa continua, ma belle» le disse. «Neanche io potrei mai fare affidamento su come ti comporterai in questa situazione.» La baciò e si girò per allacciarsi il foulard davanti allo specchio.
«Eccoti qui» continuò lui, «a giudicare severamente il povero Gouvernail e a creare trambusto su di lui, l’ultima cosa che vorrebbe o che si aspetti.»
«Trambusto» disse lei con animo risentito. «Che sciocchezza è mai questa! Come puoi pensare una cosa del genere! Trambusto, figuriamoci! Hai detto tu che era intelligente.»
«Lo è, ma il poveretto è stanco per il troppo lavoro. Ecco perché gli ho chiesto di venire a rilassarsi qui.»
«Dicevi che era pieno di idee» rispose lei con tono inflessibile. «Mi aspettavo che almeno fosse interessante. Andrò in città in mattinata per la prova degli abiti primaverili. Fammi sapere quando Gouvernail sarà partito. Sarò da mia zia Octavie.»
Quella stessa sera, la signora Baroda andò a sedersi su di una panchina sul bordo del vialetto ghiaiato, sotto una quercia sempreverde. Per lei pensieri o presentimenti così confusi erano inconsueti. L’unica cosa che sentiva chiaramente era il bisogno di partire. Un rumore di passi scricchiolò sul brecciolino e lei intravide appena la luce rossa di un sigaro avvicinarsi. Suo marito non fumava, era certa che fosse Gouvernail. Sperò di non essere vista ma il suo vestito bianco non passò inosservato. Buttato via il sigaro, l’uomo si sedette accanto a lei e non pensò che la sua presenza potesse infastidirla.
«Suo marito mi ha chiesto di portarle questo, signora Baroda» le disse allungandole una sciarpa bianca trasparente con cui qualche volta si copriva testa e spalle. La prese, sussurrò un grazie e se la mise sulle gambe. Lui fece considerazioni scontate sull’effetto nocivo dell’aria della sera in quella stagione. Poi, con lo sguardo perso nel buio, bisbigliò: «Sera di venti del sud, sera di poche grandi stelle. Calma sera assopita–!». Certa che quel discorso sulla sera non fosse per lei, non rispose. Gouvernail non era un uomo riservato, per lo meno non consapevolmente. I suoi momenti di riserbo non erano un tratto tipico del suo carattere, dipendevano piuttosto dal suo umore. Sedendole vicino, sciolse il suo silenzio. Parlò piano, liberamente e intimamente, con tono basso e strascicato, e a lei non dispiacque ascoltarlo; le raccontò dei tempi dell’università, di quando lui e Gaston potevano contare l’uno sull’altro, dei giorni delle ambizioni cieche e spietate e dei loro grandi propositi. A quel punto era rimasta in lui, se non altro, una condiscendenza filosofica all’ordine esistente: solo un desiderio di avere il permesso di esistere, piccoli soffi sporadici di vita genuina, proprio come in quella circostanza. La mente della signora Baroda vagava senza capire cosa dicesse. Predominava la fisicità in quel momento. Non pensava alle parole, ascoltava affascinata il suono della sua voce. Desiderava allungare la mano nel buio e toccargli il volto o le labbra con la punta delle dita; avvicinarsi e sussurrargli sulla guancia qualsiasi cosa, se solo avesse potuto, se non fosse stata una donna rispettabile. Più forte era l’impulso di avvicinarsi a lui e più se ne allontanava. Appena le riuscì, senza apparire troppo sgarbata, si alzò e lo lasciò da solo. Prima ancora di essere arrivata a casa, Gouvernail si accese un altro sigaro e finì il suo discorso rivolto alla sera.
Quella notte, la signora Baroda fu molto tentata di raccontare al marito, che era anche il suo miglior amico, della follia che l’aveva sfiorata. Eppure non cedette alla tentazione. Oltre a essere una donna rispettabile era anche molto saggia; e sapeva che ci sono alcune battaglie, nella vita, che un essere umano deve combattere da solo. Quando Gaston si svegliò il giorno dopo, sua moglie era già partita. Aveva preso il treno per andare in città di primo mattino. Non tornò fino a quando Gouvernail non ebbe lasciato la casa.
In qualche rara occasione avevano parlato di ospitarlo nuovamente per l’estate successiva. A dire il vero, un desiderio per lo più di Gaston che si scontrava con l’opposizione strenua di sua moglie. Comunque, prima della fine dell’anno, fu lei, di sua spontanea iniziativa, a proporre il ritorno di Gouvernail a casa loro. Il marito rimase sorpreso e felice che l’idea partisse da lei.
«Sono lieto, chère amie, di sapere che tu abbia finalmente superato la tua resistenza verso di lui; davvero non lo meritava.»
«Oh» disse lei ridendo, dopo avergli premuto un lungo, tenero bacio sulle labbra. «Ho superato tutto! Vedrai, questa volta sarò molto gentile con lui.»
(Nella fotografia, Kate Chopin)
Nota biografica di Emanuela Chiriacò
Emanuela Chiriacò (1972) vive tra Lecce, la lettura e la scrittura. Laureata in Lingue e Letterature Straniere (Inglese e Francese), ha ideato, curato e condotto il programma radiofonico #JazzHouse per Ius Law Web Radio, la radio dell’avvocatura.
Cura la rubrica Cultura editoriale e scrive recensioni per la rivista letteraria Zest Letteratura Sostenibile.
Ha pubblicato i racconti Fame da Bue nell’antologia Non ti resisto edito da Emma Books (Concorso Donna nel Quotidano - Literaria Consulenza editorale & Agenzia Letteraria) e Il nero assottiglia anche la notte su Fili di Aquilone n. 47 (luglio/dicembre 2017).